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Alexa, per la prima volta, testimone di un omicidio

Era presente in casa al momento dell’omicidio. La polizia sta verificando se stava registrando in quel momento. Decisivi per risolvere il caso potrebbero essere anche i rumori ambientali.

La versione dei fatti fornita dal fidanzato, in un caso di femminicidio, non convince i poliziotti della contea di Broward, in Florida, che stanno verificando se Alexa negli attimi precedenti e successivi all’omicidio fosse uscita dallo stato costante di “passive listening” e avesse invece ricevuto, anche inavvertitamente, il comando per attivare la registrazione.

Avevamo già affrontato l’argomento dell’uso degli assistenti vocali in relazione alla privacy (https://abruzzo.cityrumors.it/rubriche/avvocato-online/assistenti-vocali-rischi-legati-alla-privacy-ed-alla-sicurezza.html) ma questo caso fa tornare prepotentemente alla ribalta quanto la loro presenza possa essere invasiva nelle nostre vite.

Amazon, come tutte le società che gestiscono Big data, è restia a concedere l’accesso al mare magnum di informazioni sulle nostre vite che custodisce. In primo luogo perchè ritiene che acconsentendo si creerebbe un precedente che potrebbe essere usato in modo arbitrario ed in secondo luogo perchè consentire l’accesso equivarrebbe a dimostrare che la privacy degli utenti potrebbe essere fortemente a rischio.

Il problema non è nuovo. Nel 2015, l’Fbi chiese a Apple si sbloccare l’iPhone di uno dei due responsabili della strage di San Bernardino perché sospettato di avere legami con l’Isis. La casa di Cupertino lo negò.

Il ceo Tim Cook disse che il via libera sarebbe stato «una minaccia per i clienti» perché il governo avrebbe potuto utilizzare lo stesso metodo «contro chiunque».

Fitbit invece ammette invece nella propria informativa sulla privacy la possibilità di fornire dati in caso di richieste legali. Le registrazioni dei movimenti che il braccialetto effettua col gps sono stati decisivi per smentire l’alibi di un imputato in quanto la sua versione non era coerente con quella dei percorsi del Fitbit.

Con la diffusione dell’internet of things potrà accadere di essere spiati dalla lavatrice o dal frigorifero che registrano la nostra presenza, oltre che i nostri gusti e le nostre abitudini. Di tutto questo dobbiamo essere consapevoli.

Episodi come questi dimostrano ancora una volta come questi dispositivi espongono gli utenti a potenziali rischi per la privacy non sempre, tuttavia, con accezioni negative, come in questo caso.

Avv. Luca Iadecola
Esperto privacy, dpo