“Altissima è la preoccupazione da parte del personale dell’Arma dei Carabinieri della regione Abruzzo, come d’altronde in tutta Italia, che in piena pandemia è costretto a lavorare in prima linea senza sufficienti dispositivi di protezione individuale”.
La denuncia viene dal Segretario Regionale Abruzzo dei Carabinieri Forestali, Marco Gallerati, per UNARMA – Associazione Sindacale Carabinieri, il quale aggiunge: “lavoriamo alacremente per il benessere del personale e del nostro paese più in generale, ed anche se qualcuno ancora oggi mette in dubbio l’utilità e le competenze dei sindacati militari, ci tengo a sottolineare come il sindacato Unarma sia stato invece il primo ad averci visto lungo e a segnalare per tempo le odierne criticità alle competenti Autorità nazionali, non è una questione di primato bensì di dovere e senso della responsabilità”. Il 23 gennaio scorso infatti, la Segreteria Generale di UNARMA ASC, aveva inviato una nota al Ministro della difesa, al Ministro della salute ed al Comando Generale dell’Arma dei carabinieri per segnalare la preoccupazione che il virus stava suscitando tra l’opinione pubblica e tra i carabinieri in particolare.
E chiedendo un intervento urgente di carattere preventivo, atteso che il virus aveva caratteristiche di rapida diffusione da persona a persona, soprattutto alla luce del gran numero di cittadini cinesi che vivono e lavorano nel nostro paese e che in quel periodo si erano spostati sul tragitto Italia-Cina-Italia, per festeggiare il capodanno cinese. Ebbene – prosegue la nota del sindacato – risulta che solo il 28 gennaio successivo, il Gabinetto del Ministro abbia inviato, per le valutazioni del caso, la nostra urgente missiva allo Stato Maggiore della Difesa. Ben cinque giorni per giungere da un ufficio all’altro dello stesso palazzo. Nel mese di febbraio siamo poi dovuti ritornare più volte in argomento: per esempio per mettere in evidenza le carenze di sicurezza per i carabinieri che operano nei porti e negli aeroporti; per segnalare che il gel disinfettante distribuito era, clamorosamente, scaduto; per segnalare la carenza di mascherine, guanti e quant’altro; così come per suggerire l’utilizzo di tute operative al posto delle normali uniformi. Tutte circostanze spiacevoli e su cui non avremmo mai voluto essere costretti ad intervenire.
L’odierna evidenza è che ci sono poche mascherine per i tutti i Carabinieri, e tra l’altro monouso, eppure vengono richiesti continui controlli, dove non sempre è possibile mantenere la distanza di sicurezza con le persone controllate, mettendo a rischio la propria incolumità. A mancare sono poi anche le tute che dovrebbero coprire l’uniforme, veicolo di trasmissione del virus nelle caserme e nelle proprie abitazioni. C’è poi da segnalare un’altra grave situazione: sono stati distribuiti anche disinfettanti risultati già scaduti; il prodotto non è dannoso di per sè, ma di sicuro inefficace in quanto ha perso la componente alcolica che agisce contro virus, batteri e funghi. Infine gravissima – ci viene segnalata – la totale assenza di sanificazione dei locali delle caserme, specie le sale d’attesa, ed ancor più grave quella dei mezzi su cui i militari si alternano quotidianamente per garantire il servizio d’ordine al paese. Nella pur comprensibile difficoltà del momento una domanda sorge spontanea: possibile che i vertici delle istituzioni della Difesa, non siano stati in grado di valutare per tempo questo pericolo per il nostro Paese? Il popolo italiano è molto preoccupato dall’inefficienza dimostrata dinanzi a questo grave pericolo. L’emergenza Coronavirus era lì, già preannunciata dalle preoccupanti notizie provenienti dalla Cina, un Paese che seppur geograficamente lontano è invece molto vicino al nostro, dal punto di vista sociale e commerciale.
Alle domande – che esigono risposte – si contrappone purtroppo la triste realtà dei fatti: ed ecco che a distanza di poche ore, giunge la notizia dei primi, e si spera ultimi, decessi per coronavirus nel comparto difesa, ivi compresa l’Arma dei carabinieri costretta a piangere, in questi giorni, le vite di giovani e valorosi militari nonché padri di famiglia. Il sindacato UNARMA ASC auspica che venga subito trovata una soluzione, volta a garantire la massima sicurezza e la giusta dignità lavorativa per tutti i militari affinché la frase “io speriamo che me la cavo” non debba diventare il motto con cui ogni militare si appresti ad iniziare il suo turno di servizio. La tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è un principio di diritto di ogni paese democratico. Ed un caposaldo della nostra Costituzione che non deve mai essere calpestata.