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Caccia nei terreni privati: ambientalistici a sostegno del ricorso al Tar contro la Regione

La Regione Abruzzo ha dato parere negativo a diversi cittadini proprietari di terreni agricoli che avevano chiesto di vietare l’accesso dei cacciatori nelle loro proprietà per ragioni connesse ai rischi per la propria incolumità, all’inquinamento da piombo e a questioni etiche.

 

Dichiara Massimo Pellegrini, presidente della SOA “La Stazione Ornitologica Abruzzese ha patrocinato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale di uno dei proprietari che si è visto negare il sacrosanto diritto di decidere su quali attività possano svolgersi sui propri terreni. Un cacciatore oggi può fare ciò che è vietato, ad esempio, a un ricercatore o un fotografo naturalistico. Una situazione veramente intollerabile”. Dichiara l’Avv. Herbert Simone “Il ricorso mira intanto a dimostrare gli errori procedurali in cui sono incorsi i funzionari della regione, nonostante le precise e tempestive motivazioni e interpretazioni giurisprudenziali fornite dal cittadino che aveva fatto richiesta.

 

Poi si evidenzia l’illogicità e il difetto di istruttoria rispetto alle numerose motivazioni alla base della domanda del cittadino di vietare la caccia nella proprietà, a partire dai rischi oggettivi per la propria incolumità e di quella dei propri cari, considerato che l’attività venatoria provoca decine di vittime ogni anno, anche tra non cacciatori. Tra i motivi quello relativo all’inquinamento da piombo, visto che i pallini che vengono dispersi sui terreni sono costituiti da questo metallo che si accumula nel terreno provocando un inquinamento persistente su cui pure l’ISPRA si è espressa con un documento tecnico inequivocabile. Non si capisce perché un cittadino debba vedersi spargere materiale inquinante sul proprio terreno senza potersi opporre efficacemente”.

 

Dichiara l’Avv. Michele Pezone “Oltre ai motivi specifici, abbiamo anche sollevato la questione della costituzionalità delle norme che permettono ai cacciatori di entrare nei terreni privati senza alcuna preventiva autorizzazione. Il ricorrente aveva sottolineato nella richiesta inviata alla regione le proprie convinzioni etiche rispetto al rifiuto della violenza insita nell’attività venatoria e alla volontà di educare figli e nipoti al rispetto della vita degli animali selvatici. Il tutto cozza, ovviamente, con la possibilità per i cacciatori di entrare liberamente e sparare agli animali sul terreno altrui, con gli inermi proprietari che devono assistere a queste scene cruente. Crediamo che sia venuto il tempo di abrogare del tutto queste norme discriminatorie riconoscendo al proprietario di un terreno di decidere liberamente cosa farne attraverso l’apposizione di semplici tabelle, senza dover spendere decine di migliaia di euro per enormi recinzioni che sono pure dannose dal punto di vista ambientale”.