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Acqua abruzzese (e non solo) verso la privatizzazione: “Serve la mobilitazione”

“Il Disegno di Legge “Concorrenza” varato dal Governo Draghi nel Consiglio dei Ministri di giovedì scorso, inviato ora per la conversione in legge al Parlamento, se approvato nell’attuale versione renderà quasi impossibile mantenere in mano pubblica la gestione del Servizio Idrico Integrato e degli altri servizi locali. Pertanto le sei società di gestione dell’acqua abruzzesi, ACA, SASI, Ruzzo, Cam, Saca e GSA, verranno quasi certamente privatizzate se non si cambierà radicalmente il testo. A forte rischio anche le società dei rifiuti come Ecolan”.

A dirlo la Segreteria Operativa Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua.

“La logica che muove l’intero disegno di legge, oltremodo evidenziata nell’art.6, è quella di chiudere il cerchio sul definitivo affidamento al mercato dei servizi pubblici essenziali. Questa norma, di fatto, punta a rendere residuale la forma di gestione del cosiddetto “in house providing”, ossia l’autoproduzione del servizio compresa la vera e propria gestione pubblica. Nel Disegno di Legge emerge chiaramente la scelta della privatizzazione. Gli Enti Locali che opteranno per la gestione pubblica dovranno “giustificare” (letteralmente) il mancato ricorso al mercato. Al contrario la scelta dell’opzione della cessione ai privati del servizio non dovrà essere oggetto di alcuna giustificazione e procederà spedita”.

E ancora: “La scelta dovrà essere sottoposta anche al giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, oltre a prevedere sistemi di monitoraggio dei costi. Interessante notare che tale monitoraggio, su un elemento come quello dei costi del servizio che viene scaricato sui cittadini, non viene previsto in caso di affidamento ai privati. A vessare definitivamente gli enti locali interessati a mantenere in mano pubblica il servizio, arriva il punto i) in cui si prevede pure l’obbligo di revisione periodica delle giustificazioni alla base dell’affidamento in autoproduzione del servizio. Un vero e proprio percorso ad ostacoli che non vale per i privati che avranno mano libera nei confronti dei cittadini. Non basta! Il punto q) prevede la delega al Governo per intervenire addirittura anche sul regime stesso di proprietà delle reti, aprendo la strada alla cessione non solo della gestione del gestione ma anche della proprietà dei beni materiali, come mezzi, tubi, impianti ecc. per ottenere, testualmente, “un’adeguata valorizzazione della proprietà pubblica”. In questi decenni la cosiddetta “valorizzazione” ha sancito la svendita del patrimonio dei cittadini. Infine, al punto d) si prevedono incentivi per favorire le aggregazioni indicando così chiaramente che il modello prescelto è quello delle grandi società multiservizi quotate in Borsa che diventeranno i soggetti monopolisti (alla faccia della concorrenza!) praticamente a tempo indefinito. Tutto ciò in perfetta continuità con quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

E proseguono: “Ed è proprio dal combinato disposto tra PNRR, DDL sulla concorrenza e decreto semplificazioni (con l’introduzione di ampi poteri sostitutivi dello Stato nei confronti degli enti locali) che il Governo intende mettere una pietra tombale sull’esito referendario provando così a chiudere una partita che Draghi ha iniziato a giocare ben 10 anni. Infatti era il 5 Agosto 2011 quando l’allora Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet, scrisse la famigerata lettera al Presidente del Consiglio Berlusconi in cui indicava come necessarie e ineludibili “privatizzazioni su larga scala” in particolare della “fornitura di servizi pubblici locali”. Uno schiaffo ai 26 milioni di italiani che solo un mese prima avevano votato ai referendum indicando una strada diametralmente opposta, ossia lo stop alle privatizzazioni e alla mercificazione dell’acqua. Un provvedimento ispirato da un’evidente ideologia neoliberista in cui la supremazia del mercato diviene dogma inconfutabile nonostante la realtà dei fatti dimostri il fallimento della gestione privatistica, soprattutto nel servizio idrico: aumento delle tariffe, investimenti insufficienti, aumento delle perdite delle reti, aumento dei consumi e dei prelievi, carenza di depurazione, diminuzione dell’occupazione, diminuzione della qualità del servizio, mancanza di democrazia. I cosiddetti monopoli naturali (dove l’utente non ha possibilità di scelta tra diversi gestori, come avviene per acqua, raccolta dei rifiuti, autostrade) una volta affidati ai privati diventano un vero e proprio incubo per i cittadini. Perdita totale del controllo negli anni, manutenzioni dimenticate, lavori auto-affidati a proprie ditte per moltiplicare i guadagni, tariffe che schizzano in alto. L’esempio di Autostrade per l’Italia è un esempio lampante”.

Concludono dicendo che “Noi continueremo a batterci per la difesa dell’acqua, dei beni comuni e dei diritti ad essi associati e della volontà popolare. A questo scopo, nelle prossime settimane, a partire dalla manifestazione nazionale in programma il 20 novembre a Napoli in cui chiederemo con forza anche lo stop alla privatizzazione delle partecipate della città partenopea (tra le quali l’azienda pubblica “Acqua Bene Comune”) paventate in questi giorni, metteremo in campo una rinnovata attivazione per ottenere il ritiro di questo provvedimento al pari del DDL Concorrenza e dei famigerati intendimenti in esso contenuti. Facciamo appello alla mobilitazione generale, rivolgendoci alle tante realtà e organizzazioni sociali, ai sindaci, alle stesse società e ai parlamentari”.