L’insieme delle misure messe in campo per fronteggiare la drammatica emergenza Covid-19, soprattutto cassa integrazione in deroga, blocco del pagamento di mutui e tasse, ha permesso sin qui al sistema delle imprese abruzzesi di poter respirare.
Ma per fronteggiare un futuro che non si annuncia affatto facile occorre adesso poter contare su altri provvedimenti, soprattutto legati al credito. E’ il quadro emerso dalla conferenza stampa che questa mattina la Cna Abruzzo ha tenuto a Pescara (presenti il presidente e il direttore regionale, Savino Saraceni e Graziano Di Costanzo, per valutare – numeri alla mano – quanto l’impatto dell’epidemia abbia prodotto nei primi sei mesi dell’anno nel sistema Abruzzo, ma soprattutto nel mondo della piccola impresa.
A chiarire lo scenario sono state le cifre presentate dal ricercatore Aldo Ronci in due distinti studi realizzati per la confederazione artigiana, dedicati a dinamica delle imprese ed export: studi che rivelano un quadro profondamente diverso. Il primo svela un dato sorprendente e per certi aspetti paradossale: il decremento delle imprese artigiane si ferma a quota -273, ovvero la cifra più bassa del quinquennio tra gennaio e giugno da cinque anni a questa parte. Ovvero proprio nel bel mezzo del picco della pandemia. La flessione registrata ha colpito indistintamente le quattro province, a partire da Pescara (-84), seguita da Teramo (-73), Chieti (-68) e L’Aquila (-48), incidendo più profondamente nel manifatturiero (-82), servizi alla persona (-83), costruzioni (-47), trasporti (-19), riparazione auto e prodotti per la casa (-20). Un punto sula quale, oltretutto, la ricerca di Ronci rivela come sia stata comunque il mondo dell’artigianato e della micro impresa a pagare il prezzo più alto: le 273 imprese sono infatti la quasi totalità delle perdite registrate sommando tutta l’impresa abruzzese (274).
Più problematico, simmetricamente rovesciato, è invece il quadro offerto dalle cifre sulle esportazioni. I numeri relativi allo stesso periodo dicono infatti che rispetto al 2019 si sono persi 715 milioni di euro (3.668 contro 4.383), con una media superiore a quella nazionale di un punto: 16,3% contro 15,3%. Una perdita – in questo caso la più grave degli ultimi cinque anni – generata evidentemente dalla chiusura imposta dalla pandemia a grandi gruppi industriali: illuminante in proposito la caduta dei mezzi di trasporto di 619 milioni, che vale il 26,3%, che ha tagliato le gambe alla provincia di Chieti. Perdita di enormi dimensioni solo parzialmente compensata dalle performance del farmaceutico (153 milioni in più arrivato quasi tutto dal polo aquilano, con un 112% in più, che consente di fare della provincia dell’Aquila l’unica d’Abruzzo con il segno positivo), ma anche dalle apparecchiature elettroniche (32 milioni in più).
“Serve adesso un deciso cambio di passo, oppure il carattere e la tenacia manifestati dai piccoli imprenditori abruzzesi durante i mesi di fuoco dell’epidemia rischiano di essere vanificati e non bastare”. Secondo il presidente regionale di Cna Abruzzo, Savino Saraceni, “il risultato sorprendente che ci consegnano i dati su andamento delle imprese ed export nei primi sei mesi dell’anno è certamente frutto della combinazione delle misure di sostegno messe in campo dal Governo: soprattutto cassa integrazione in deroga, blocco di tasse e mutui. Ed in parte minore dalle misure varate dalla Regione. Ma adesso serve di più: il problema vero è che restano in piedi problematiche strutturali da affrontare, perchè fra poco i benefici cesseranno, ed allora tasse elevate e burocrazia torneranno a pesare come macigni sulla vita degli imprenditori”.
In primo piano, come detto, nelle richieste che la Cna rivolge ora soprattutto alla Regione assieme ad un vasto schieramento di forze economiche e sociali dell’Abruzzo, spicca il nodo del credito: “I finanziamenti erogati attraverso il Fondo centrale di garanzia in base ad alcune delle misure varate dal Governo, come i decreti “Liquidità” e “Cura Italia” – ha aggiunto il direttore Graziano Di Costanzo – hanno consentito in Abruzzo, alla data del 22 settembre scorso, di erogare finanziamenti a una platea di poco superiore alle 27mila unità. Una cifra che però, come spiega l’analisi condotta da Ronci, accontenta una platea solo del 17% del totale delle imprese e dei professionisti dell’Abruzzo. Se poi si considera che, almeno per il finanziamento limitato a 30mila euro, ovvero quello maggiormente richiesto dalle piccole imprese, il contributo effettivamente erogato non può superare il 25% del fatturato, la somma media effettiva si abbassa a 18mila euro». Insomma, davvero troppo poco.
A detta della Cna, poi, le politiche legate ai tanti bonus, se da un lato hanno rappresentato un ristoro per aziende in gravi difficoltà, hanno però mostrato spesso limiti strutturali: “Quello ad esempio legato alla sanificazione degli ambienti di lavoro, che prometteva contributo del 60% della spesa, ha visto erogare solo il 9%, e questo in ragione dell’altissimo numero di richieste”. Adesso, dunque, tocca soprattutto alla Regione prevedere meccanismi che siano in grado di inserire nei bilanci delle imprese una ingente massa di liquidità: sull’agenda del confronto con la Giunta Marsilio finisce in primo piano la richiesta di ingenti misure a sostegno dei confidi, in modo da favorire l’accesso al credito delle micro imprese.
LE IMPRESE ARTIGIANE in Abruzzo nel I semestre 2020
L’EXPORT ABRUZZESE nel I sem 20