La decisione e’ stata assunta dal prefetto del capoluogo di regione, Francesco Alecci. Da quanto si apprende da fonti investigative il nome di Chiodi, come presunto ‘bersaglio’ sarebbe venuto fuori da intercettazioni telefoniche ordinate dalla Procura di Torino.
Il governatore e’ seguito a turno, costantemente, da agenti della Digos e dei carabinieri. Anche la sua abitazione di Teramo viene costantemente vigilata dalle forze dell’ordine. Per Chiodi, che ringrazia lo Stato per cio’ che sta facendo, si tratta di un provvedimento che – ha detto – mi fa stare piu’ tranquillo. Campagna elettorale blindata, dunque. Gli agenti non lo perdono mai di vista, anche quando si reca fuori dall’Abruzzo.
“Dell’indagine – ribadisce Chiodi – non so assolutamente nulla: Posso dire di non aver ricevuto minacce di alcun genere se non un paio di anni fa quando ignoti mi fecero recapitare alcuni proiettili nella sede di Pescara dell’assessorato alla Sanita’”. Il presidente, in particolare, viene “protetto” una settimana dalla Digos e l’altra dai carabinieri che non lo perdono mai di vista, neanche quando va in bagno. “Dalle indagini – commenta il presidente – evidentemente e’ stato rilevato nei miei confronti un rischio concreto circa la mia incolumita’. Ma ripeto, non so nulla. I miei interlocutori, a oggi, sono stati la questura dell’Aquila e il prefetto Alecci”.
Sempre secondo quanto riferito da Gianni Chiodi la scorta proseguira’ fino al prossimo 30 maggio, “poi si vedra’ cosa accade”. “Per quanto mi riguarda – ha infine affermato il presidente – mi sento assolutamente sereno per cio’ che riguarda il mio lavoro politico-istituzionale. So di aver agito per il bene della collettivita’. Avro’ pestata i piedi a qualcuno?. Avro’ detto troppi no? Non lo so. E’ certo, comunque, che allo stato degli atti c’e’ uno Stato che funziona e che adotta quella prevenzione che mi fa stare certamente piu’ tranquillo. Ora sono a casa, mangio qualcosa e riparto per appuntamenti gia’ calendarizzati. La scorta e’ giu’ che mi aspetta”.