Chiodi respinge le ‘accuse infamanti’: scotta più la ‘cresta’ della scappatella VIDEO

Pescara. E’ la “cresta” l’accusa che scotta di più a Chiodi tra quelle sortite dall’inchiesta Rimborsopoli. Il Governatore si difende davanti alla stampa il giorno dopo l’interrogatorio in Procura.

“Voglio dire agli abruzzesi che non c’e’ accusa piu’ infamante di essere considerato una persona che fa la cresta sui rimborsi. Non c’e’. E quindi su questo punto spero di aver chiarito tutto e spero anche che di questa cosa la Procura possa tener conto”. Lo ha detto stamane a Pescara, nel corso di una conferenza stampa, il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, commentando il suo interrogatorio di ieri nell’ambito dell’inchiesta della magistratura pescarese su presunti indebiti rimborsi spesa per viaggi istituzionali.

Oltre al presidente della Regione, sono indagati anche il presidente del Consiglio Regionale, Nazario Pagano e 23 politici tra assessori e consiglieri. Le accuse, a vario titolo, sono di peculato, truffa e falso ideologico.

“Credo – ha aggiunto Chiodi – che su questo punto di vista non ci sono delle cose che devono essere chiarite, nel senso che devono essere reperite solo alcune altre documentazioni”. Il presidente ha reso noto che ammontano a 29 mila euro le spese che secondo i magistrati non avrebbero giustificazioni contabili. Ma Chiodi ha ribadito di non aver mai omesso nulla e che spesso, invece, ha rinunciato ad ottenere i rimborsi “pure dovuti”. “Per le spese di rappresentanza nel 2012 avevo un budget di 50 mila euro, molto meno di quello che avevano i miei predecessori. Alla ragioneria ne ho restituiti 45 mila. Nel 2013 stessa dotazione e a fine hanno la restituzione e’ stata di 47.500 euro. Non ho mai inteso fare alcuna cresta, come e’ evidente. Su questo punto di vista mi sento sereno, forte, tranquillo e sento di non aver nulla da addebitarmi. Il mio silenzio in questi giorni – ha aggiunto – e’ stato dovuto al rispetto per la magistratura che era giusto che prima conoscesse lei le situazioni, ma anche per la necessita’ di reperire della documentazione che andava vista”. Chiodi non si e’ sottratto dal parlare di aspetti personali.

Impossibile per lui schivare le domande sulla “scappatella”

“Per quanto riguarda le questioni che non attengono a vicende giudiziarie – ha affermato – voglio chiarire subito che gli aspetti personali hanno diritto di essere chiariti ai cittadini se hanno riflessi sul mio comportamento istituzionale. E a questi aspetti non mi sono sottratto. Qualcuno dice che ho commesso un errore, che ho fatto una ingenuità. Ma io sono fatto cosi’. Si possono fare degli errori, l’importante è ammetterli. Su questi aspetti – ripeto – non mi sono sottratto chiarendo che non hanno mai influito sulla mia attività istituzionale. Per esempio mi riferisco alla nomina della consigliera di parità (Letizia Marinelli, con la quale Chiodi divise una camera d’albergo a Roma, ndr). Bene, io su questo sono molto contento che la Procura abbia aperto un fascicolo perchè indipendentemente da quello che dico io, mi si può credere o meno, da parte mia non c’è stata alcuna influenza che potesse determinare un favoritismo. E questo saranno i magistrati ad accertarlo”.

IL VIAGGIO A WASHINGTON DELLA SIGNORA CHIODI

Chiarita anche la vicenda relativa al biglietto aereo per Washington della moglie, che avrebbe pagato con fondi regionali, stando alla ricostruzione della Procura di Pescara. Chiodi ha sottolineato che la moglie “sarebbe stata legittimata” ad andare con lui a Washington, nel 2009, “con costi a carico della Regione”, “perchè era invitata con me, come consuetudine in occasioni di rappresentanza di questo livello”, ha specificato il presidente. Il costo del biglietto in business class è stato di circa 2.800 euro. Si trattava di una riunione “dell’assemblea annuale dell’associazione degli italo americani negli Stati Uniti” e parteciparono anche Hillary Clinton e Nancy Pelosi, che era la terza carica dello Stato, e per l’Italia c’era anche il capo della polizia, Manganelli. Chiodi ha ricordato di essere stato “relatore e ospite d’onore”. All’epoca Chiodi ritenne “assolutamente inopportuno” che la Regione dovesse sopportare il costo del biglietto della moglie, “pur avendone diritto”, per cui decise di pagare di tasca propria e chiese che la fattura della moglie venisse intestata a lui. A dimostrazione di ciò il presidente della Regione ha esibito alla Procura copia della corrispondenza intercorsa tra la sua segreteria e l’agenzia di viaggi per la richiesta dei due biglietti aerei con fatture diverse (cioè una fattura per la Regione per il suo volo e una fattura a suo nome per il volo della moglie), le note contabili della Regione, la copia del bonifico bancario dal suo conto personale a favore dell’agenzia per pagare il biglietto della moglie, la documentazione che attesta l’avvenuto incasso da parte dell’agenzia del bonifico effettuato dal suo conto corrente, sempre per il biglietto della moglie. “Forse” ha detto il Governatore “quando l’agenzia ha agganciato il pagamento avvenuto con carta di credito, lo ha agganciato a quello di mia moglie mentre il mio bonifico personale è stato agganciato al mio biglietto”. Chiodi ritiene di aver fornito la dimostrazione di “una chiara volontà di non mettere a carico della Regione nulla”, per il biglietto della moglie. Il presidente è venuto a sapere del “problema con la carta di credito” quando gli hanno notificato l’avviso di garanzia e in quella occasione ha detto ai carabinieri che “era un errore clamoroso”. Ha anche chiarito che ad occuparsi dei pagamenti è stata la sua segretaria.

LA NOTTE TRASCORSA NELL’HOTEL SOLE

Ed ecco arrivare anche la sua versione dei fatti in merito alle accuse che gli vengono rivolte sul pernottamento nell’hotel Sole, a Roma, in compagnia della consigliera di parità (Letizia Marinelli, ndr), con spese a carico della Regione. “Sono accusato di aver indotto in errore, con artifici e raggiri, i funzionari della Regione, esibendo la ricevuta e omettendo di specificare l’utilizzo della camera con un’altra persona”, ha spiegato. “Ho trasmesso agli uffici competenti della Regione la ricevuta fiscale dell’hotel Sole attestante inequivocabilmente il soggiorno di due persone. Sulla fattura c’è scritto “pax due”, cioè due persone, quindi non ci sono stati artifici e raggiri per ottenere un rimborso indebito, anche se solo in parte. Questo si rileva anche dal conteggio della tassa di soggiorno, per due persone. Quindi gli uffici regionali erano stati posti nella condizione di conoscere la circostanza della presenza della seconda persona”.

“FONDI REGIONE SOLO PER FINI ISTITUZIONALI”

Il capo di imputazione “più rilevante”, per peculato e truffa, contestato al presidente Chiodi “ammonta a 29mila euro”, per “184 missioni” che gli vengono contestate in quanto la scheda compilata prevede una dicitura generica, cioè “incontro istituzionale”. Di queste 184 missioni su cui si indaga, 164 sono state effettuate a Roma, le altre in numerose città, in Italia e all’estero. La dicitura “incontro istituzionale”, ha spiegato oggi Chiodi, è “una prassi consolidata in Regione Abruzzo da 20 – 30 anni” e comunque il presidente ritiene di essere “stato in grado di ricostruire facilmente sia quelle all’estero che quelle in Italia”, consegnando la relativa documentazione alla Procura per il “99 per cento” dei viaggi mentre per le missioni a Roma èancora in corso un lavoro di ricostruzione, che ormai va avanti da dieci giorni. Oggi, inoltre, Chiodi ha illustrato nel dettaglio i motivi delle singole missioni, mettendo in evidenza di aver avuto una lunga serie di “rapporti istituzionali”, in questi anni, e di essersi recato a Roma circa 300 volte ma sempre “per fini istituzionali” e per motivi legati alle sue quattro cariche (presidente della Regione, commissario per la ricostruzione, commissario per la sanità e vice presidente dell’assembla delle Regioni d’Europa). Molte volte, raggiungendo la capitale, non ha neppure maturato il diritto alla diaria (che scatta dopo otto ore) e non ha compilato la scheda di missione. Dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, valutando tutto il materiale a sua disposizione, Chiodi ha appurato che in “numerosi casi” gli sono state rimborsate “somme inferiori a quelle spettanti” senza che se ne rendesse conto e anche di questo si è parlato ieri in Procura. Ha anche chiarito di aver chiesto il rimborso di “69 pasti su 197 missioni, cioè un terzo dei pasti che avrei potuto chiedere se il mio scopo fosse stato quello di caricare sulla Regione delle spese false”. Ha anche sottolineato che se invita qualcuno a pranzo il conto rientra nelle spese di rappresentanza e ha fatto notare di non avere un telefono a carico dell’ente ma di pagare di tasca sua il proprio conto telefonico. “Non ho approfittato dei fondi regionali se non per scopi di carattere istituzionale” ha proseguito “e sono convinto che la Procura ha gli elementi per una valutazione serena” sulla base di tutta la documentazione che ha consegnato.

“SARÒ RICANDIDATO: HO SENTITO BERLUSCONI”

Il presidente Gianni Chiodi non ha dubbi sulla sua ricandidatura alla presidenza della Regione alle elezioni di maggio e si è dichiarato pronto ad affrontare la campagna elettorale per dire cosa è stato fatto per l’Abruzzo durante il suo mandato, in scadenza. Della sua candidatura potrebbe aver parlato anche con Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, che ha “sentito in questi giorni”, come ha detto lui stesso incontrando i giornalisti. Chiodi non nasconde che l’inchiesta sui rimborsi in Regione abbia creato un “problema politico serio, ma possiamo essere fieri” del lavoro svolto. Parlando per un’ora e venti minuti, il presidente ha cercato di fare chiarezza su tutti gli aspetti che lo riguardano nell’inchiesta della Procura di Pescara, così come ha fatto ieri in Procura. “I reati contestati sono infamanti” ha osservato “ma ho dato delle spiegazioni che portano a ritenere che non ho fatto nulla di male. Ci rimetteremo alle valutazioni della magistratura”, ha chiarito, e “può emergere una situazione diversa da quella rappresentata. Questa vicenda giudiziaria bene non fa, usando un eufemismo. E’ stata molto infamante. Quella dei rimborsi è una vicenda grave. Gli abruzzesi dicono che faccio la cresta sui rimborsi per cento euro, ma io non ho lucrato sui soldi degli cittadini, anzi ho dato di persona alla Regione, essendomi pagato il telefono e non facendomi pagare gran parte dei pasti”. Riferendosi ai risultati raggiunti dalla Regione in questi anni, si è augurato che “quanto fatto per l’Abruzzo non sia offuscato” da questa vicenda giudiziaria, anzi ha detto di confidare nella “intelligenza degli abruzzesi. Siamo un gruppo di persone che ha cercato di lavorare molto bene per l’Abruzzo e io ho dato anima e cuore, e tutta la mia capacità di lavoro”.

 

 

 

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