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Quando l’orso non fa notizia

Se un Orso marsicano muore, ucciso o per motivi naturali, tutti si scatenano a dire la loro; specie, poi, se c’è la certezza o anche solo il sospetto che la causa della morte sia addebitabile a cacciatori (mai successo negli ultimi 40 anni) o bracconieri. Quando invece l’Orso fa parlare di sé per altre questioni, forse più gravi ancora della morte di un individuo, perché ne sono all’origine, ed anzi ne sono la causa prima e, addirittura, prodromo di future morti, allora il silenzio è d’oro. Un ammissione di colpa va sempre taciuta!
Quest’estate, e soprattutto negli ultimi giorni di questo infuocato agosto, i giornali locali hanno più volte parlato di orsi, sia in Abruzzo, sia in Molise, sia nel Lazio: ebbene, nessuna valanga di e-mail si è rovesciata sul web per protestare o stigmatizzare. Tutti allineati e… silenti (e magari anche plaudenti, per chi è andato a cercare di osservarli e/o fotografarli, come suggeriva qualche anno fa un ex Presidente del Parco, noto ambientalista, anziché vedere in quelle prime segnalazioni i sintomi di un problema!).

Eppure sono queste le notizie che ci evidenziano un malessere, le vere ragioni del problema: il fatto che l’orso non trova più nel Parco quelle risorse alimentari che da generazioni, per non dire quasi da sempre, era abituato a trovare e che ora va a cercare altrove: col rischio che a questi altrove si abitui sempre più!
Oggi, col trascorrere del tempo, la nascita di nuovi cuccioli e la morte di orsi adulti, ci stiamo sempre più avviando ad avere una popolazione di orsi con ben altri conoscenze e comportamenti indotti: il fatto che il cibo per loro non si trova più nelle zone selvagge del Parco Nazionale o nei loro pressi, ma nelle zone coltivate ed abitate di fondovalle, specie nei fondovalle esterni al Parco: Marsica e valle del Sagittario a nord, valli del medio Sangro ed alto Volturno ad est, e Val Comino e Ciociaria a sud.
Quegli orsi che in questi giorni hanno bazzicato i circondari di Scanno, Pizzone, Campoli Appennino, S. Donato Val Comino, Alvito, Picinisco e persino Casalvieri sono tutti a rischio: e se non sono ancora stati uccisi è solo perché la gente d’Abruzzo, del Molise e della Ciociaria amano quest’animale, e mai hanno voluto sterminarlo (come, invece, qualcuno per anni ha cercato di far credere!). Ma c’è un rischio, un grave rischio dietro a questi comportamenti “antropomorfi” dell’orso: che qualcuno decida comunque di farsi giustiziere per difendere le proprie cose e/o per la propria sicurezza.
Bisogna strillare ora, non quando questi fatti dovessero malauguratamente accadere. Perché bisogna cercare di capire il perché di ciò che avviene; per di più nella stagione di maturazione del fin troppo noto Ramno (dove il disturbo umano sta prendendo il sopravvento ai silenzi di una volta). Ma anche perché, parafrasando la Bibbia e la sua citazione sull’uomo, non di solo Ramno vive l’orso! Per cui mettere a dimora pianticelle di Ramno non serve a nulla, mentre servirebbe di più riprendere a coltivare quegli antichi campi di grano, mais, Lupinella ecc. che un tempo alimentavano l’orso in tutte le stagioni. E far sì che greggi di pecore pascolino ancora là dove oggi solo più vacche, cavalli, cervi e cinghiali la fanno da padroni; animali che l’orso è in grado di catturare molto raramente, per non dire mai, e che solo di qualche carcassa uccisa dai lupi può utilizzare: troppo poco, per non dire niente.
E allora, ecco perché gli orsi scendono nei paesi attorno al Parco.
C’è solo un modo per impedire che ciò cessi di avvenire: iniziare quella campagna in grande stile di semine e distribuzione di pecore che da anni il sottoscritto e la scrivente associazione vanno proponendo. Che il Parco d’Abruzzo, con l’aiuto indispensabile del Ministero dell’Ambiente, metta a disposizione dei cospicui fondi a questo ESCLUSIVO FINE, magari stornandoli da quelli che per troppi anni sono stati messi a disposizione per studi e ricerche, studi e ricerche che non hanno risolto nulla, almeno per l’Orso.
L’Orso marsicano va salvato nella sua terra, va salvato con individui i più selvatici possibile, facendo sì che trovino cibo abbondante nei sui stretti circondari e trovino quiete nelle sue oasi selvagge, non facendone un oggetto turistico per visitatori suoi amanti o supposti tali!

PS. E’ di quest’anno uno studio scientifico che dimostra come gli allevamenti di Leoni per ripopolare le zone d’Africa non servono a nulla, perché dove sono stati sperimentati si sono risolti solo in… “perdita di animali e di uomini”! Questo per svegliare chi ancora propone di salvare l’Orso marsicano allevandolo.
Associazione Italiana per la Wilderness (AIW)