Provvedimento, questo, teso ad annullare le disposizioni del Governo Monti, che invece cavalcavano il sentiero della liberalizzazione enza vincoli. “Non basta allungare gli orari dei negozi per aumentare il fatturato”, spiega Gianluca Castaldi. “L’aspetto problematico della questione, a cui questa proposta di legge intende porre riparo, non è tanto l’inefficacia delle misure sotto l’aspetto del sostegno all’economia, quanto purtroppo il danno che si è creato sotto il profilo della conflittualità nell’attribuzione di competenza della materia tra lo Stato e le Regioni, con la presentazione di numerosi ricorsi finiti davanti alla Corte costituzionale, nonché sotto il profilo della tutela dei diritti dei lavoratori e, non da ultimo, sotto il profilo di un vero danno economico nei confronti dei piccoli commercianti che hanno subìto sulla loro pelle la disapplicazione dell’articolo 41 della Costituzione («L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali». ).Il risultato di questa concorrenza da far-west è la chiusura dei piccoli esercizi con una desertificazione dei centri storici e dei quartieri più periferici che è sotto gli occhi di tutti. Secondo i dati di Confcommercio, nel primo bimestre 2013, solo nel settore della distribuzione commerciale, sono spariti quasi 10.000 negozi, con un vistoso crollo (-50 per cento) delle aperture di nuove attività;anche la Confesercenti ha confermato la propria contrarietà al provvedimento, soprattutto con riferimento alle aperture domenicali e dei giorni festivi. La proposta di legge si propone dunque di ricondurre la competenza legislativa e la potestà regolamentare nel settore del commercio alle regioni e agli enti locali ai quali spetta il compito della pianificazione della turnazione delle festività lavorative che non ricada pesantemente sui diritti dei lavoratori ma che tuteli contemporaneamente i diritti dei consumatori. L’ambito di applicazione delle disposizioni proposte è determinato con riferimento a tutti gli esercizi commerciali, evitando le distinzioni previste per le attività di somministrazione dalla riforma del commercio di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Si provvede quindi all’abolizione delle liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti con il ripristino della situazione precedente, con un ritorno alla liberalizzazione completa per i soli esercizi ricadenti nei comuni a carattere turistico. Al fine di contemperare l’interesse dei consumatori e la tutela dei diritti dei lavoratori del commercio, in tutte le altre zone saranno invece le regioni, di comune accordo con gli enti locali e sentito il parere dei comitati locali e delle organizzazioni di categoria, dei lavoratori e dei consumatori, a definire un piano delle aperture domenicali e festive che, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 2 preveda del Disegno di legge, in ogni comune, un 25 per cento degli esercizi aperti per settore merceologico, nonché un numero massimo di dodici festività lavorative annue per singolo esercizio commerciale su un modello che è già stato sperimentato con successo a Modena”.