“L’approvazione del calendario venatorio per la stagione venatoria 2017/18 rappresenta un naturale terreno di confronto tra interessi contrapposti; tra le legittime aspettative del mondo venatorio e le rivendicazioni, le priorità e i principi portati avanti dal mondo ambientalista. Il nostro ruolo è stato quello di governare questo processo, indicando gli indirizzi generali e conciliando le opposte esigenze”.
Lo hanno detto il presidente Luciano D’Alfonso e l’assessore alla Caccia, Dino Pepe, in merito al calendario venatorio. “Del resto, lo stesso percorso individuato dal legislatore per la redazione e l’approvazione del Calendario Venatorio si basa sul metodo della concertazione con l’individuazione di una serie di passaggi e il coinvolgimento di una pluralità di soggetti rappresentanti di categorie (agricole, venatorie, ambientaliste) e di Enti e Istituzioni (Istituto Zooprofilattico, Parchi, Province, Regione, ecc.) che partecipano direttamente alla realizzazione, concorrendo così alla sua definitiva stesura. La proposta di Calendario venatorio per il 2017, predisposta così come previsto dalla legge 157/92 dagli uffici tecnici della Regione, prevede l’apertura generale e unificata al 1° ottobre. Le motivazioni tecniche di questa scelta risiedono principalmente nell’adeguamento alle Direttive comunitarie (2009/147/CE e 79/409/CEE) e ai documenti tecnici emanati sia da ISPRA (Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della Legge n.157/92, cosi come modificata dalla Legge Comunitaria 2009, art.42) sia dalla Commissione Europea in materia venatoria, primo fra tutti il documento ‘Key Concept’. Questi documenti, sostanzialmente, tendono a tutelare tanto le ultime fasi riproduttive, comportando uno spostamento dell’apertura al 1 ottobre, quanto quelle ‘pre-nuziali’ di talune specie avifaunistiche, comportando un anticipo della chiusura dei periodi di caccia a quelle specie. Spesso ci troviamo a rispondere ad una frequente domanda posta dai nostri cacciatori: ma perché le altre regioni aprono la caccia a settembre e in Abruzzo no? In realtà l’ISPRA ha consentito la pre-apertura a settembre solo a quelle regioni italiane che hanno una adeguata conoscenza delle popolazioni faunistiche oggetto di caccia, ovvero una programmazione faunistico-venatoria aggiornata e adeguata alle nuove esigenze dettate dalla Comunità europea. Ebbene l’Abruzzo ha una programmazione che risale a 25 anni fa, pertanto obsoleta e inadeguata a rispondere alle odierne esigenze di una caccia moderna, che prevede la programmazione dei prelievi sulla base delle consistenze faunistiche. Ecco perché uno degli obiettivi che ci siamo prefissi è quello dell’approvazione del nuovo Piano Faunistico Venatorio Regionale, uno strumento che consentirà alla nostra regione di tenere il passo con le regioni più virtuose in questa materia e, con esso, anche la revisione dei periodi di caccia. A tal proposito abbiamo avviato il processo di redazione del nuovo Piano con la delibera n. 875 del 27 dicembre 2016, nella quale vengono stanziati 135mila euro per l’attuazione di una convenzione con l’ISPRA, all’interno della quale sono elencate tutte le fasi della procedura. Ci sono però anche altre motivazioni che stanno dietro l’apertura unificata, ragioni che una parte del mondo venatorio condivide: essa obbliga ciascun cacciatore a scegliere fin dal primo giorno di attività la forma di caccia e la specie obiettivo, in maniera da evitare che lo stesso cacciatore possa esercitare più forme di caccia e partecipare a più aperture, così come accade con l’apertura a date differenziate. Si tratta anche di una scelta che risponde ad una precisa esigenza tecnica, quella di puntare ad una figura più competente ed emancipata, quella del “cacciatore specialista”. La caccia specialistica, cui si tende oggi a livello europeo, corrisponde maggiormente alle nuove esigenze della gestione faunistico-venatoria, cioè della caccia programmata sulla base delle risorse faunistiche disponibili, che presuppone un cacciatore “qualificato” ed “equilibrato”: “qualificato” in quanto conosce maggiormente la specie obiettivo e con essa le sue esigenze ecologiche e le sue criticità; “equilibrato” perché rispettoso e garante delle regole, nonché diretto attore, in ausilio agli Enti gestori, delle popolazioni faunistiche di interesse. A complicare ulteriormente i passaggi dell’approvazione del Calendario venatorio ci sono anche i previsti pareri tecnici dell’ISPRA – Istituto ministeriale di supporto tecnico scientifico alle Regioni nella stesura dei calendari – e della Commissione VIA – Valutazione di incidenza ambientale, che in particolare ne valutano i periodi di apertura e chiusura delle singole specie e di cui viene verificata la congruenza con le Direttive Comunitarie in materia. Ne risulta che il testo del Calendario definitivo emanato ed approvato deve necessariamente essere la sintesi degli interessi condivisi e legittimi di tutte le parti che, per legge, siedono in Consulta, ma anche un documento legittimo e tecnicamente inattaccabile”.
Negli ultimi 10 anni il Calendario Venatorio della nostra Regione è stato ripetutamente “sospeso” dal Tar per ricorsi prodotti dalle associazioni ambientaliste, anche più volte nel corso di una stagione venatoria, provocando analoghe interruzioni dell’attività venatoria; “ebbene – spiegano il presidente e l’assessore – le motivazioni delle sentenze del Tar vertevano proprio sulle incongruenze tra i periodi di caccia stabiliti nei Calendari alle singole specie e le previsioni dei documenti tecnici di ISPRA e della Commissione Europea. Un ultimo accenno è necessario farlo sui roghi dolosi e sulla siccità che hanno colpito la nostra Regione e sull’incidenza che questa forte emergenza ha riverberato sulla caccia e di conseguenza sul calendario venatorio. La Regione ha ricevuto formalmente l’invito da parte di ISPRA e di alcune associazioni ambientaliste a sospendere l’attività venatoria in Abruzzo anche nelle aree non boschive percorse da incendi per due anni, ai fini di tutelare la fauna selvatica fortemente provata da queste calamità. In particolare, ha espresso forte preoccupazione per il rischio concreto di conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale con conseguenti, nel breve e nel medio periodo, effetti negativi sulla dinamica di popolazione di molte specie”. Anche in sede di rilascio del parere ad una eventuale pre-apertura a settembre formulata dalla Regione Abruzzo, l’ISPRA ha ribadito la necessità di individuare provvedimenti cautelativi al fine di evitare che le popolazioni faunistiche che si trovano in forte difficoltà a causa della eccezionale siccità possano subire ulteriori danni. Non voglio al momento fare proclami o trarre conclusioni, senza aver prima approfondito la questione che verrà trattata collegialmente in sede di Commissione Politiche Agricole, ma esprimo solo alcune brevi considerazioni. La prima è che nell’ordinamento giuridico esiste già da quasi un ventennio un divieto decennale alla caccia nei terreni boschivi percorsi dagli incendi. La seconda è che l’apertura ad ottobre, come prevista nel nostro Calendario, risulta sicuramente congruente con l’esigenza di salvaguardia degli ecosistemi colpiti da queste calamità, perché nei prossimi mesi è previsto un significativo allentamento dei fenomeni, soprattutto relativamente alla siccità. Di fronte alla complessità dei passaggi burocratici che abbiamo cercato brevemente di ripercorrere, ci preme allora insistere sul metodo di lavoro, che intendiamo difendere e mettere in evidenza, che ha previsto il rispetto dei ruoli, in molti casi contrapposti, e lo sforzo di trovare una linea di congiunzione tra mondo venatorio ed ambientalista individuabile, a nostro avviso, nel viscerale amore per il territorio abruzzese. Per questo motivo e con spirito di sincera collaborazione ritengo un errore politico rompere questo fronte di collaborazione che abbiamo tutti faticosamente costruito alimentando contrapposizioni e visioni estremistiche”.
“La Regione Abruzzo – concludono D’Alfonso e Pepe – deve provvedere al governo di un intero territorio, rispondendo alle sue esigenze, soprattutto quelle di natura diffusa o emergenziale e lo deve fare attraverso il confronto nelle opportune sedi istituzionali. In questi momenti di criticità per la nostra Regione, tutti devono collaborare lasciando da parte interessi di parte o atteggiamenti strumentali, proprio come hanno dimostrato di saper fare cacciatori e ambientalisti che insieme hanno operato nelle zone colpite dai roghi”.