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Chiodi sbotta: ‘Su di me solo sciacallaggio mediatico’. E annuncia querele a giornali e tv

Pescara. “Una campagna denigratoria aggressiva e virulenta per strumentalizzare la mia immagine, uno sciacallaggio sterile e vergognoso su vicende a me estranee per farmi passare come malfattore”: per il governatore Gianni Chiodi sarebbe in atto una vera e propria campagna diffamatoria a mezzo stampa, legata alle indagini della Finanza sul suo studio commerciale e sul socio Carmine Tancredi, nell’ambito del crack Di Pietro. Il presidente della Regione non ci sta, e annuncia querela contro il quotidiano locale Il Centro.

Un’inchiesta intricata, quella ormai nota come ‘Crac Di Pietro’, dal nome di due dei quattro imprenditori teramani finiti in manette a gennaio con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Sotto accusa un sistema finalizzato a svuotare società di beni ammontanti a svariati milioni (da 3 a 15) per poi portarle al fallimento insieme ai relativi risparmiatori, depositando quanto sottratto su conti svizzeri e fatto poi rientrare su conti di società di Cipro intestate agli indagati passando anche da banche inglesi. Niente di differente dall’ordinaria criminalità contabile, non fosse che i Di Pietro hanno citato, davanti al Pm, come proprio consulente Carmine Tancredi, storico socio del presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi, con il quale condivide uno studio tecnico commercialista. Lo stesso studio che risulterebbe essere sede di alcune società destinatarie dei “fondi neri” dei Di Pietro. Un caso al quale Chiodi si è detto sempre estraneo, mentre media e oppositori politici hanno approfondito e sviscerato quanto più possibile.

Chiodi taceva, mentre si riempivano pagine e palinsesti televisivi, anche in modo strumentale, sostiene oggi il governatore che con una conferenza stampa tenuta questa mattina a Pescara ha annunciato le querele per diffamazione a mezzo stampa per il quotidiano locale Il Centro e ipotizzato di procedere legalmente nei confronti di un altrettanto nota emittente televisiva. Per le accuse non ci va giù leggero: “E’ una campagna diffamatoria orchestrata a tavolino da lungo tempo per far passare l’immagine di un governatore truffaldino, malfattore e delinquente”, attacca Chiodi, “Uno sciacallaggio virulento, sterile e vergognoso che strumentalizza vicende che coinvolgono i miei soci e non me, sviluppando un’azione denigratoria e volgare”.

Secondo il presidente della Regione sono 43 le pagine e 14 le locandine dedicate al caso, un attacco prolungato “senza che da dicembre mi venisse più chiesto di intervenire, dare  opinioni, replicare su quelle pagine o di partecipare a quelle trasmissioni televisive, da tempo divenute a senso unico: quello dell’opposizione”, commenta Gianni Chiodi. Addirittura le immagini utilizzate dal quotidiano a scopo pubblicitario sarebbero state volutamente scelte con i titoli anti-Chiodi campeggianti in copertina. Il motivo? Chiodi non se lo spiega: “Non ho mai commesso alcun reato, non ho mai usato la mia carica per interessi personali ed economici, nonostante tra sanità e ricostruzione in Abruzzo girino miliardi”. Ma sulla sanità avanza le proprie ipotesi: “Muove interessi economici forti e in Abruzzo, da anni, il sistema informativo rappresenta poteri occulti e non palesati, una terziarietà che tenta di condizionare le scelte degli amministratori e di carpire la buona fede di lettori e ascoltatori”. Non i singoli giornalisti, quindi, a muovere le file del ‘complotto’: “Mantengo tutta la mia stima per loro professionalità”, specifica il presidente, “sono gli editori e le linee editoriali che vogliono danneggiare la mia immagine e quella della Giunta regionale”.

Un attacco sferrato a causa del suo operato: “Ho toccato e dato fastidio a interessi molto forti e potenti agendo sulla sanità, ma ho ridotto il debito sanitario dell’Abruzzo: non ci fermeranno”.

Per una volta, quindi, “non è il velo politico a muovere l’attacco tramite i giornali”, sebbene Chiodi promette battaglia e querele anche a chi, Costantini dell’Idv in primis, ma anche il Pd, ha chiesto pubblicamente la sua testa per il Crac Di Pietro, ritenendo che non potesse non sapere quanto accade nel suo stesso studio: “Non ho tempo per occuparmi dello studio, devo governare l’Abruzzo e ho tante di altre cariche istituzionali”, ribatte il presidente, “rimango socio solo perché ci sono beni immobili e mobili acquistati in passato anche con i miei soldi, ma non gestisco le attività”. Non si sarebbe sbalordito nemmeno dell’intervento della Guardia di Finanza: “Innanzitutto non è mai stata fatta nessuna perquisizione”, specifica, “dai commercialisti i controlli della Finanza sono all’ordine del giorno”. Avanzato un esposto anche all’Ordine dei giornalisti: “Ritengo siano state violate gravemente le regole deontologiche, è giusto che l’Ordine valuti questi fatti, perchè se il caso si sgongfierà rimarranno comunque questi articoli a gettare fango sulla mia immagine”, ha concluso il governatore.

 

Daniele Galli