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Abruzzo, Regione autorizza caccia a cinghiale fino a giugno: WWF perplesso

L’Aquila. La Regione Abruzzo ha autorizzato la caccia di selezione al cinghiale fino al mese di giugno. Già a partire da febbraio, è previsto l’abbattimento di un certo numero di capi, a opera di cacciatori selecontrollori secondo la tecnica della postazione fissa, anche all’interno delle Zone di Protezione Esterna delle aree protette regionali e del Parco Nazionale d’Abruzzo, alcune delle quali estremamente delicate per la presenza dell’Orso bruno marsicano.

‘Sebbene da una parte il Piano di Azione per la tutela dell’orso bruno marsicano (PATOM) preveda che il
potenziale impatto sull’orso derivante dall’attività venatoria è limitato alla sola caccia al cinghiale in
braccata, dall’altra lo stesso chiede una implementazione delle buone pratiche di gestione sulla base di
apposita cartografia di presenza della specie al fine di minimizzare i fattori di disturbo:

ebbene è doveroso sottolineare che autorizzando la caccia in un periodo estremamente delicato per la riproduzione di molte specie tutelate e oggetto di particolare attenzione come l’Orso bruno marsicano, si sta di fatto andando
NON a ridurre, ma ad aumentare i fattori di disturbo, contravvenendo a quanto richiesto dal PATOM, di cui
la stessa Regione Abruzzo è cofirmataria’, dichiara in una nota il WWF Abruzzo.

‘La Regione Abruzzo sostiene inoltre di voler contrastare il fenomeno dei danni provocati dai cinghiali alle
produzioni agricole, dimenticando però che prima di procedere agli abbattimenti si dovrebbero
promuovere “misure di prevenzione” che invece, inspiegabilmente, sembrano essere di difficile attuazione
per la Regione e per gli Ambiti Territoriali di Caccia. Questi ultimi, in particolare, dovrebbero mettere in
atto una serie di misure ambientali e di prevenzione del danno prima di autorizzare gli abbattimenti,
soprattutto in un territorio, come quello abruzzese, che fa della natura il suo spot pubblicitario per creare
valore economico.

Dal punto di vista dell’efficacia degli abbattimenti per ridurre i danni, da anni numerosi studi scientifici
hanno dimostrato che non vi è alcuna relazione tra l’entità dei danni e il numero di cinghiali presenti in
un’area. L’estensione e la quantità delle colture distrutte, infatti, va rapportata ad altri fattori come la
destrutturazione delle popolazioni di cinghiali, il grado di disturbo antropico a queste popolazioni e
l’accessibilità dei coltivi.

Nell’analizzare la situazione e nell’individuazione delle soluzioni, bisognerebbe
considerare la quantità e qualità dei danni all’agricoltura, le caratteristiche ambientali dell’area, la
consistenza della popolazione, i dati sull’attività venatoria: tutti elementi che non sembrano essere stati
presi in considerazione, dato che molte delle zone nelle quali la Regione ha autorizzato la caccia
di selezione non registrano affatto danni all’agricoltura da parte del cinghiale o altro ungulato.

Ancora una volta si deve tristemente constare che le Aree protette, le associazioni ambientaliste e il
mondo scientifico sono stati totalmente esclusi da decisioni che dovrebbero vederli invece coinvolti, specie
quando si parla di gestione e pianificazione ambientale’, insiste il WWF.

«È bene essere chiari su un punto – dichiara Luciano Di Tizio, delegato WWF Abruzzo -. Al di là
dell’aspetto etico degli abbattimenti, ci troviamo di fronte a una presa in giro di quanti subiscono danni.
Tutta questa operazione appare l’ennesimo tentativo della politica abruzzese di “accontentare” il mondo
venatorio, strumentalizzando quello agricolo, e non un metodo serio per affrontare la problematica
cinghiale in modo tecnico e scientifico, trovando soluzioni vere e durevoli.

Si insiste a cercare una soluzione alla gestione faunistica affidandosi ai cacciatori, quando il mondo venatorio, in particolare proprio per il caso dei cinghiali, è il principale responsabile di questa situazione visto che i cinghiali sono
stati introdotti in Abruzzo e in tante altre regioni italiane proprio a scopo venatorio».

‘Invece che dare il via a questa ennesima, inutile mattanza, la Regione Abruzzo dovrebbe avere il coraggio
di mettere a punto un piano di gestione del cinghiale basato su criteri tecnico-scientifici e che prescinda
totalmente dai “desideri” dei cacciatori i quali, oltretutto, non hanno alcun interesse a risolvere realmente
il problema visto il ritorno, anche economico, che hanno dalla caccia e dalla vendita in nero dei capi
abbattuti’, conclude il WWF.