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Governo impugna riforma Ato Regione Abruzzo ma il referendum sull’acqua la salva

Il Governo ha impugnato una nuova legge della Regione Abruzzo, cioè la riforma del servizio idrico integrato, ma le motivazioni del Consiglio dei Ministri non convincono il Pd che anzi chiede la revoca in autotutela dell’impugnativa. Secondo i consiglieri regionali Ruffini, D’Amico e Giuseppe Di Pangrazio infatti “la bocciatura della legge da parte del Governo è da considerarsi superata dall’esito referendario che ha stabilito un principio chiarissimo: l’acqua è un bene pubblico ed i soggetti deputati a gestirla sono i Comuni e quindi i sindaci“.

A parere del Governo invece due sarebbero i profili di illegittimità costituzionale:
1. quelle che riguardano l’istituzione delle assemblea dei sindaci chiamate ASSI che hanno le competenze nelle materie di organizzazione del Servizio, di adozione del Piano d’Ambito provinciale, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, di affidamento della gestione.
2. Inoltre, il comma 11, primo periodo, che dispone che l’ASSI, esprime in via ordinaria pareri obbligatori e vincolanti all’ERSI. L’ERSI coordina ed unifica a livello regionale le deliberazioni delle ASSI al fine di mantenere l’uniformità di azione sull’intero territorio regionale.

Motivazioni che secondo D’Amico, Ruffini e Giuseppe Di Pangrazio sarebbero oggi in contrasto con il risultato referendario.
“L’assemblea dei sindaci – spiegano i consiglieri del Pd – ha tutta la legittimità e la titolarità per esprimere un parere sui Piani d’Ambito in quanto la gestione pubblica ha come capisaldi proprio la partecipazione ed il coinvolgimento degli Enti locali e dei sindaci. Altro discorso è l’organizzazione per Ato provinciali dell’Ersi, un esempio tipico dell’organizzazione del servizio idrico nella Regione Lombardia, dove però tale legge regionale non è stata impugnata dal Governo. In Abruzzo la legge di riforma è stata concepita meglio che in altre regioni in quanto l’ERSI è l’organismo che riesce a fare sintesi della volontà dei singoli comuni e quindi degli enti locali. L’impugnativa ha quindi ingiustamente proiettato delle illegittimità nella legge della nostra regione che oggi non hanno più motivo di esistere. Anzi – concludono i rappresentanti del Pd – la legge di riforma dovrà tornare in Consiglio regionale per assegnare maggiore forza e titolarità ai sindaci, non al contrario prevedendo ulteriori limiti di partecipazione di questi soggetti ai processi decisionali. La regione deve opporre ricorso dinanzi alla Corte Costituzionale, in quanto siamo convinti che la nostra legge ha tutti i requisiti di legittimità e quindi crediamo che la Corte ci darà regione”.