Pescara. ‘Era scontato ed è puntualmente accaduto: il Governo ha impugnato di fronte alla Corte Costituzionale la legge regionale 11 del 13 aprile scorso (pubblicata con una inedita solerzia già il giorno dopo sul BURA, il Bollettino ufficiale della Regione Abruzzo), quella che consente lo svolgimento di attività cinofile e cinotecniche all’interno dei parchi naturali regionali.
Contro questa legge si erano immediatamente espressi Federparchi, le grandi associazioni naturalistiche italiane e quelle locali con un unanime giudizio negativo culminato con una lettera ufficiale al Governo, presentata dai responsabili nazionali di ENPA, LAC, LAV, Legambiente, LIPU Birdlife e WWF, per chiedere l’impugnazione di questa inconcepibile norma, che è in verità arrivata sin dal 31 maggio scorso. Solo in questi giorni, però, sono state pubblicate sul web le motivazioni ufficiali della impugnazione stessa’.
Lo evidenziano WWF Abruzzo e Legambiente in una nota congiunta.
‘Nella delibera del Consiglio dei Ministri, tra l’altro, si afferma che la norma pone un serio pericolo per specie animali prioritarie quali, ad esempio, il lupo (che è ubiquitario), l’orso bruno marsicano (specie minacciata di estinzione e presente nelle principali aree protette regionali) ed il camoscio appenninico (di recente reintrodotto all’interno del Parco naturale regionale “Sirente-Velino”) violando in tal modo l’articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei
beni culturali», e l’articolo 117, comma 1, della Costituzione, che impone al legislatore, anche regionale, il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Scendendo in dettaglio la assurda legge varata dal Consiglio regionale è in totale contrasto con la direttiva 92/43/C EE relativa alla conservazione degli habitat, che – ricorda il Governo – al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario, obbliga gli Stati membri ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui allegato IV lett. a) della direttiva con il divieto, fra gli altri, di: perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di
allevamento, di ibernazione e di migrazione; nonché di deteriorare o distruggere i siti di riproduzione o le aree di riposo’, insistono nelle proprie osservazioni.
‘Tra l’altro, come ben sanno gli uffici regionali che i solerti consiglieri proponenti della norma hanno dimenticato di consultare, poiché le attività cinofile e cinotecniche consentite dalla norma potrebbero essere svolte all’interno delle aree classificate come SIC, le stesse, potendo incidere sullo stato di conservazione dell’equilibrio ambientale, dovrebbero essere approvate caso per caso solo a seguito di adeguata Valutazione d’Incidenza.
La legge regionale è inoltre in contrasto con la Convenzione di Berna e persino con la normativa sulla caccia. Il Consiglio dei Ministri sottolinea infatti: Posto che lo svolgimento di attività cinofile e cinotecniche comprende l’attività di allevamento e addestramento di cani per l’esercizio dell’attività venatoria, riconducibile alla materia della caccia (C. Cost., n. 350/1991), la disciplina dell’attività cinofila deve essere ricondotta in linea di principio nell’alveo di quella della attività venatoria (sentenza n. 193 del 2013). In questo ambito, spetta allo Stato stabilire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, con regole che le regioni possono modificare, nell’esercizio della loro potestà legislativa in materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela.
La Regione, dunque, deve attenersi ai divieti previsti dalla normativa quadro statale. Può semmai renderli più stringenti – come dovrebbe fare in ossequio ai propri slogan di “Regione verde d’Europa” e di “Regione dei Parchi” – ma non certo attenuarli né stravolgerli, come ha tentato di fare con la legge 11 che la Corte Costituzionale inevitabilmente casserà, a meno che il Consiglio abruzzese non rinsavisca e la abroghi evitando che si debba perdere tempo e sciupare denaro pubblico per la colpevole negligenza di chi ha proposto la norma e di chi l’ha votata.
Le manifestazioni cinofile – si legge ancora nelle motivazioni della impugnazione – possono arrecare un consistente disturbo, determinare catture o distruzione di nidi e creare altre situazioni di danno e disagio alla fauna selvatica (nel periodo di nidificazione e dipendenza, durante il periodo di iperfagia e letargia per l’Orso marsicano o lo spostamento nelle aree di svernamento del Camoscio appenninico).
La presenza di cani liberi di vagare privi di guinzaglio nelle aree protette, spinge gli animali a spostarsi durante le fasi del corteggiamento e della cova, causando
l’abbandono dei nidi e delle covate, esercitando un impatto negativo sulla sopravvivenza dei giovani limitando il successo riproduttivo’.
“La legge approvata dalla Regione – commenta il presidente di Legambiente Abruzzo Giuseppe Di Marco – rappresenta una vera collezione di assurdità ed è in palese e totale contrasto oltre che con una serie di norme internazionali e nazionali anche con il buon senso”.
“Preoccupa che consiglieri regionali stipendiati da noi tutti – aggiunge il delegato Abruzzo del WWF Italia Luciano Di Tizio – possano sciupare il loro tempo per proporre leggi che non hanno fondamento alcuno, dannose per l’ambiente e per tutti i cittadini che guardano al bene comune prima che a piccoli interessi di pochi. Preoccupa soprattutto il fatto che non siano stati neppure consultati gli uffici regionali del settore, che avrebbero potuto evitare questa inutile brutta figura”.
“Le associazioni e Federparchi – conclude Giuseppe Di Marco – avevano consigliato un passo indietro. Peccato che il Consiglio regionale almeno sino a oggi non ci abbia voluto ascoltare”.