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Carne cangerogena: in Abruzzo, consumi sono metà rispetto soglia rischio

Pescara. Il presidente regionale abruzzese della Cia, Mauro Di Zio, interviene sul tema della sbandierata cancerogenicitàà delle carni conservate e delle carni rosse per invitare ad affrontare il tema con il giusto e necessario equilibrio.

“A tal proposito – osserva – non si puo’ e non si deve sottovalutare, ad esempio, come l’Italia abbia comportamenti alimentari virtuosi grazie alla dieta mediterranea ed al fatto che da noi i consumi di carne sono la meta’ rispetto alla soglia di rischio. A tutto cio’ va aggiunto, sia chiaro, l’alto livello qualitativo della zootecnia italiana”. Secondo la Confederazione Italiana agricoltori Abruzzo nello studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’, reso noto in questi giorni, non si e’ tenuta nel debito conto la differenza, spesso notevole, circa gli stili di vita e le peculiarita’ di consumo nei diversi Paesi. Se analizziamo, ad esempio, le ultime stime riguardanti il consumo annuo di carne in Italia – rileva la Cia in una nota – ci rendiamo conto che oggi esso si attesta al di sotto degli 80 chili pro capite, di cui 21 chili per carne bovina, 37 chili per carne suina, 19 chili per carne avicola e poco meno di 2 chili per carne ovina.

“Questo determina che il consumo di carne nel nostro Paese – spiega Di Zio – sia molto al di sotto delle soglie di rischio individuate dall’Oms: gli italiani mangiano in media 2 volte la settimana 100 grammi di carne rossa e soltanto 25 grammi al giorno di carne trasformata. Va rimarcato che gli oncologi italiani hanno affermato, riguardo alle dichiarazioni dell’Oms, che mangiare carne due volte alla settimana e alimentarsi in modo equilibrato con i salumi di qualita’ italiani, non ha alcun effetto negativo sulla salute, anzi. In Italia abbiamo oltre 600 diversi salumi, che sono un’ulteriore testimonianza della preziosa biodiversita’ e della varieta’ del nostro Paese”.

Del resto, ricorda Di Zio, “non e’ la prima volta che si colpisce la zootecnia e il settore dell’allevamento con allarmi spropositati, almeno per l’Italia. Proprio per questo occorre evitare che oggi si ripeta la stessa trama. Come agricoltori siamo impegnati a offrire ai consumatori cibo sano e di qualita’ e oggi sentiamo la necessita’ di rinsaldare ancora di piu’ quel legame fiduciario garantendo i nostri prodotti. Semmai l’Oms dovrebbe vigilare sull’uso di mangimi di dubbia qualita’, su stili di consumo che nulla hanno a che vedere con l’Italia. Vi e’ un richiamo da parte dell’Oms alla dieta mediterranea: giusto, ma sembra quasi che si ignori che Spagna e Italia sono anche i Paesi con la maggiore produzione e il miglior consumo ad esempio di prosciutto crudo. Per questo chiediamo sia al Mipaaf che al Ministero della Sanita’ di riaffermare, oggi piu’ che mai, la qualita’ e la salubrita’ dei nostri prodotti e del nostro regime alimentare. Quel regime alimentare – conclude Di Zio – che e’ possibile grazie all’impegno e al lavoro delle imprese agricole che rischiano di essere ingiustamente penalizzate da questa campagna di nuovo allarmismo”