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Rifiutopoli, per la procura patto Di Zio-Venturoni: chiesti 5 anni per ex assessore

Pescara. Cinque anni di reclusione per l’ex assessore regionale Lanfranco Venturoni e l’imprenditore Rodolfo Di Zio, un anno e sei mesi per il deputato di Forza Italia Fabrizio Di Stefano, l’assoluzione per non aver commesso il fatto per l’imprenditore Ferdinando Ettore Di Zio, l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato per l’ex amministratore delegato della società Team Teramo Ambiente, Vittorio Cardarella, e una multa pari a 100mila euro per la società Deco del gruppo Di Zio.

Sono le richieste formulate oggi dai pm Gennaro Varone e Anna Rita Matini, nel corso dei processo sui rifiuti in corso a Pescara davanti al Tribunale collegiale. La vicenda giudiziaria ruota attorno alla realizzazione a Teramo di un impianto di bioessiccazione. Le accuse, a vario titolo, sono corruzione, istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio, peculato, turbativa d’asta, millantato credito. Per Lanfranco Venturoni e l’imprenditore Rodolfo Di Zio i pm, inoltre, hanno chiesto l’assoluzione di uno degli episodi di corruzione contestati al capogruppo di Forza Italia.

“E’ una sentenza politica”. Sono le parole pronunciate dall’ex assessore regionale, Lanfranco Venturoni, uscendo dall’Aula 1 del Tribunale collegiale di Pescara subito dopo la richiesta di condanna a 5 anni di reclusione formulata a suo carico dai pm Gennaro Varone e Anna Rita Mantini, relativamente al processo sui rifiuti. L’ex assessore non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

“Il processo ha dimostrato che tra l’imprenditore Rodoflo Di Zio e l’ex assessore regionale Lanfranco Venturoni esisteva un vero e proprio patto che aveva come oggetto questo scambio: la concessione, senza gara, da parte di Venturoni alla società Deco di Di Zio di appalti da centinaia di milioni di euro. In particolare l’appalto per la costruzione di un inceneritore e un altro per la realizzazione di un impianto di trattamento meccanico biologico”. E’ uno dei passaggi fondamentali della requisitoria, durata quasi due ore, del pm Gennaro Varone, nel corso dei processo sui rifiuti in corso a Pescara davanti al Tribunale collegiale . Concetto sostanzialmente ribadito anche dal pm Anna Rita Mantini, che nella sua requisitoria ha trattato le questioni di natura giuridica. La vicenda giudiziaria ruota attorno alla realizzazione a Teramo di un impianto di bioessiccazione e conta tra gli imputati l’ex assessore regionale alla sanita’, Lanfranco Venturoni, gli imprenditori Rodolfo e Ferdinando Di Zio, il deputato di Forza Italia, Fabrizio Di Stefano, l’ex amministratore delegato della societa’ Team Teramo Ambiente, Vittorio Cardarella, e la societa’ Deco del gruppo Di Zio. Le accuse, a vario titolo, sono corruzione, istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio, peculato, turbativa d’asta, millantato credito.

Varone, supportato anche dalla proiezione di alcune slide, ha ripercorso tutta la vicenda evidenziando i finanziamento pari complessivamente a circa un milione di euro elargiti da Di Zio, nel periodo 2005-2009, ai partiti politici e, nello specifico, ad alcuni esponenti di Forza Italia e del centro destra. “Nel momento in cui – ha sostenuto Varone in Aula – risulta dimostrato che quelle somme sono servite a pagare un favore, il fatto che i finanziamento siano stati dichiarati non esclude il reato di corruzione”. Varone ha elencato i finanziamenti che Di Zio ha versato a Fabrizio Di Stefano, all’ex presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio, all’ex consigliere regionale Emilio Nasuti, al consigliere regionale Lorenzo Sospiri, al senatore Paolo Tancredi e all’ex senatore Filippo Piccone, il quale all’epoca si sarebbe attivato per ottenere la costruzione di un secondo inceneritore su un terreno di sua proprietà nella zona di Avezzano (L’Aquila). Il pm ha anche citato il mancato sfratto di Forza Italia da un immobile dei Di Zio in piazza Salotto a Pescara. Secondo l’accusa sia l’ex assessore che Di Stefano si sarebbero attivati per favorire la realizzazione dell’inceneritore a Teramo e l’impianto Tmb, anche esercitando pressioni per modificare alcune leggi regionali, aiutando Di Zio nel tentativo di ottenere uno specifico brevetto per la realizzazione dell’impianto Tmb e assecondando la richiesta di Di Zio di rimuovere Riccardo La Morgia dalla presidenza del consorzio dei rifiuti Lanciano. Questo perche’ La Morgia voleva rivedere le tariffe relative allo smaltimento dei rifiuti, che Di Zio continuava a parametrare sulle previsioni iniziali dei quantitativi, che intanto erano raddoppiati. “In questo modo- ha detto Varone – la comunita’ regionale ha subito danni per 12 milioni di euro”.

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