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Matteo Renzi adotta il pecorino abruzzese contro la polvere di latte

Contro il diktat europeo che vorrebbe il via libera all’utilizzo delle polveri il Presidente del Consiglio Matteo Renzi “adotta” anche il pecorino abruzzese, presente tra i formaggi italiani che, a conclusione della Giornata dell’Agricoltura italiana, con la partecipazione di decine di migliaia di agricoltori provenienti da tutte le regioni tra cui anche l’Abruzzo con centinaia di giovani imprenditori presenti, il Premier italiano ha simbolicamente adottato ricevendole sul palco dell’Open Air Theatre dell’Expo di Milano da due giovanissime allevatrici.

 

 

 

Un gesto importante e significativo – sottolinea Coldiretti – soprattutto in vista della scadenza del 29 settembre prossimo, termine entro il quale l’Italia dovrà rispondere alla lettera di diffida con la quale la Commissione europea ha imposto all’Italia di porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari previsto storicamente dalla legge nazionale.

 

 

 

Il via libera alla polvere di latte rischia purtroppo di far sparire 487 formaggi tradizionali – tra cui anche il pecorino abruzzese, la scamorza e la giuncata abruzzese e la caciotta frentana – censiti dalle Regioni italiane e ottenuti secondo metodi mantenuti inalterati nel tempo da generazioni. Secondo la Coldiretti si tratta di un inganno per i consumatori che mette a rischio un patrimonio gastronomico custodito da generazioni, con effetti sul piano economico, occupazionale ed ambientale.

 

 

 

 

Con un chilo di polvere di latte, che costa sul mercato internazionale 2 euro – sottolinea la Coldiretti – è possibile produrre 10 litri di latte, 15 mozzarelle o 64 vasetti confezioni di yogurt o 2 chilogrammi di pecorino fresco tutto con lo stesso identico sapore perché viene a mancare quella distintività che viene solo dal latte fresco dei diversi territori che consente a chi lo assaggia di riconoscere i profumi dei pascoli appenninici e le particolarità conferite dalle azze locali come pagliarola, sopravissana e appenninica.

E’ in corso – sottolinea la Coldiretti – un pericoloso braccio di ferro che potrebbe portare alla chiusura delle stalle, alla perdita di posti di lavoro, all’omologazione e all’appiattimento qualitativo della produzione nazionale dopo la lettera di diffida inviata all’Italia dalla Commissione Europea. Si vuole porre fine – precisa la Coldiretti – al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, previsto dalla legge nazionale n. 138 dell’11 aprile del 1974, che ha garantito per oltre 40 anni l’alta qualità della produzione casearia nazionale. Il superamento di questa norma – continua la Coldiretti – provocherebbe l’abbassamento della qualità, l’omologazione dei sapori, un maggior rischio di frodi e la perdita di quella distintività che solo il latte fresco con le sue proprietà organolettiche e nutrizionali assicura ai formaggi, yogurt e latticini Made in Italy.

 

 

 

 

 

 

 

La polvere di latte – spiega la Coldiretti – è un prodotto “morto”, privo di proprietà organolettiche, che può arrivare da qualsiasi parte del mondo dove i maggiori produttori sono Nuova Zelanda e Stati Uniti mentre in Europa i leader sono Francia e Germania. La disidratazione consente di concentrare i costituenti del latte rendendoli conservabili a temperatura ambiente per oltre un anno e la tecnologia di produzione prevede che il latte, dopo essere stato corretto del suo contenuto di grassi, venga trattato termicamente con una perdita di valore biologico delle proteine del latte che può essere anche rilevante. “L’Italia, grazie alla tutela della legge nazionale, ha conquistato un primato internazionale nella qualità e nella varietà della produzione di formaggi con ben 487 diversi tipi censiti a livello territoriale che lo scellerato comportamento delle lobby industriali rischia ora di far crollare”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. “Una azione – conclude Moncalvo – che apre le porte alle frodi, danneggia i consumatori italiani con l’offerta di prodotti di basso standard qualitativo con pesanti effetti sul piano economico, occupazionale e ambientale in un momento in cui l’Italia deve puntare sulle sue distintività per tornare a crescere”.