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Il Pd solleva il caso Baraldi

Interrogazioni urgenti quelle poste, questa mattina, in Regione dai parlamentari e consiglieri regionali abruzzesi del Pd in merito all’evolversi della gestione della sanità in Abruzzo. Con riferimento al ruolo rivestito dal sub-commissario Giovanna Baraldi per l’attuazione del Piano di rientro e allo storno dei  20 mln di euro precedentemente assegnati alle cliniche del gruppo Villa Pini, il Pd si rivolge al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute e delle Politiche sociali, al Ministro dell’Economia e delle Finanze, al Presidente della Giunta Regionale Giovanni Chiodi e all’assessore competente.


Il senatore Giovanni Legnini e il consigliere Claudio Ruffini, lanciano il loro appello: “la Baraldi risulterebbe  titolare di uno studio camerale a Milano, tra le società per cui svolge la propria opera professionale spiccherebbero il Gruppo Villa Maria, interessato ad estendersi anche in Abruzzo, e l’AIOP (Associazione Italiana Ospedaliera Privata)”. I rappresentanti del Partito Democratico si chiedono se il potere di decidere attivamente delle sorti delle cliniche private in Abruzzo non rientri in contrasto con i molteplici incarichi ricoperti dalla Baraldi. “Riteniamo quindi che i rapporti professionali della dottoressa, emersi e da noi denunciati nelle sedi del Parlamento e della Regione, vanno solo a dimostrare la scarsa trasparenza nella gestione amministrativa da parte della compagine di centro destra.
Ruffini chiede in aggiunta al Presidente Chiodi di mantenere gli impegni presi con i dipendenti del Gruppo Villa Pini e fin’ora disattesi. “Siamo preoccupati che verso Villa Pini non si possa più mantenere nessun tipo di promessa, i 20 mln di euro cancellati dal bilancio regionale verso le 3 cliniche Sanatrix, Villa Pini e Santa Maria, non fanno che fomentare le nostre paure. Come potranno, questi soldi, essere reinseriti nel budget sanitario regionale?” conclude il consigliere.
Per i 1500 lavoratori del gruppo Villa Pini-San Stefar, che da quasi un anno lottano per i loro stipendi, il destino  pare essere già segnato: di prospettive al momento non se ne intravedono, e al termine della cassa integrazione probabilmente non potranno più contare neanche sui compensi derivanti dalle attività sanitarie svolte dalle strutture del fallito gruppo.

 

Monica Coletti