Omicidio Melania, la Cassazione: “Le 36 coltellate non dimostrano crudeltà”

Roma. Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie Melania Rea in un impeto d’ira. Sono state rese note le motivazioni della sentenza con la quale la Cassazione ha ritenuto colpevole l’ex caporalmaggiore dell’esercito per l’omicidio della moglie, invitando però la Corte d’Assise d’Appello di Perugia a ridurre la pena di trent’anni di reclusione.

Secondo i supremi giudici, l’uccisione di Melania è avvenuta “in termini di occasionalità” (dolo d’impeto, senza premeditazione) dovuta “ad una esplosione di ira ricollegabile ad un litigio tra i due coniugi, le cui ragioni fondanti si apprezzano nella conclamata infedeltà coniugale del Parolisi.

In particolare, secondo la Cassazione, le 36 coltellate inflitte da Parolisi a sua moglie, indicano che si è per l’appunto trattato di un “dolo d’impeto”, finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi non può essere ritenuta aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena”.

“L’abbandono in stato agonico della moglie Melania – si legge ancora nelle motivazioni – è anch’esso condotta ricompera nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all’assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l’azione)”.

La relazione extraconiugale che Salvatore Parolisi viveva non va considerata “movente in senso tipico” dell’omicidio della moglie, ma piuttosto “un antecedente logico e storico di un profondo disagio personale che nel determinare una strettoia emotiva, ben può aver determinato quelle particolari condizioni di aggressività slatentizzatesi nel momento del delitto”, scrive ancora la Cassazione nelle 100 pagine della sentenza.

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