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Abruzzo: se il turismo va in vacanza

Se negli Stati Uniti la crisi sembra essere passata, in Italia la bufera non sembra attenuarsi. Due realtà incomparabili, direte voi. Potrebbe essere: il dato essenziale è che negli Stati Uniti la disoccupazione è scesa al 5,9; in Italia, secondo i dati Istat, è pari al12,3%. Complice della rinascita targata USA pare sia stato il tanto discusso shale gas: da poco, infatti, gli Usa hanno annunciato di aver raggiunto l’autosufficienza energetica che, per parlare in maniera chiara e diretta, fa diminuire le importazioni di energia e, di conseguenza, il peso della bolletta.

Così, mentre gli States si rialzano lentamente, l’Italia decide di affondare scegliendo la filosofia del “no-tutto”, dalle estrazioni petrolifere agli impianti a biomassa, dai rigassificatori al nucleare (per poi ritrovarcelo lungo i confini franco-svizzeri).

In Abruzzo la politica del “no-tutto” la fa da padrone, sebbene la crisi continui a mordere e mietere vittime: secondo l’Osservatorio Confesercenti nel 2014 hanno già chiuso 800 negozi.
Una situazione sempre più drammatica, dove a farne le spese sono soprattutto i giovani.
Eppure la stessa Confesercenti continua a portare avanti una battaglia ideologica che in questo momento non può non apparire fuori luogo: quella contro il petrolio. Una situazione paradossale che si spiega solo perché Confesercenti tutela gli interessi delle piccole e medie imprese che operano nel settore del commercio, dei servizi e, soprattutto, del turismo. Tutelando il turismo, sembra ovvio che la sigla confederale sia contraria al petrolio.
Peccato che le cose non siano sempre così semplici.

Se andiamo a guardare i numeri (Fonte: Istat), vediamo che complessivamente le imprese rilevate sul territorio abruzzese nel 2011 sono 100.784.
Di queste, le strutture ricettive abruzzesi sono nel complesso 2380, (L’Aquila 636, Teramo 688, Pescara 426, Chieti 630). Già da questo dato si vede come il turismo sia una voce sì rilevante, ma pur sempre minima, rispetto al totale delle imprese.
Ma per fare un raffronto, andiamo a vedere le altre Regioni italiane in cui si estraggono idrocarburi: l’Emilia Romagna, complessivamente, ha 8554 strutture ricettive, più del quadruplo dell’Abruzzo; la Sicilia 4979, più del doppio. Si vede chiaramente come allora non sia affatto vero che gli idrocarburi impediscano il fiorire del turismo. Non c’è alcun rapporto tra i due campi. I turisti vanno dove ci sono bei luoghi da visitare, panorami e natura, servizi e strutture, strutture ricettive e divertimento.

L’Abruzzo, se vuole diventare una meta privilegiata del turismo, deve fare ben altro che le guerra al petrolio.
E invece i politici abruzzesi si dedicano a boicottare anche altri progetti legati al comparto energetico, come il recente caso del gasdotto di Sulmona.
Contro chi danneggia davvero l’ambiente, come per esempio la Montedison a Bussi (i pubblici ministeri hanno chiesto condanne complessivamente per 180 anni nei confronti della ditta, considerata responsabile di aver avvelenato le acque nella discarica di Bussi), nessuno sembra stracciarsi le vesti. Eppure questo è stato considerato dagli stessi giudici come “il più grande disastro abruzzese della storia moderna”.
Un vero crimine contro l’ambiente e la salute pubblica. Eppure non ci sono state proteste, manifestazioni, fiaccolate, niente.

Continuo a credere che in Abruzzo si faccia la guerra contro i mulini a vento invece che contro i veri nemici del territorio.
Se dunque gli Stati Uniti vanno avanti, noi andiamo indietro, lasciando impunito chi ha veramente attentato alla salute della collettività.

Diego Vitali blogger Gocce di Verità