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Golden Lady Chieti: I’m lost without you

Alzi la mano chi non ha mai canticchiato almeno una volta il ritornello di quel famoso spot pubblicitario: “Golden Lady…I’m lost…without you”.

Era il 1996, l’anno della pecora Dolly e della vittoria della Juventus contro l’Ajax in Champions League (me lo ricordo da italiano, non da [detto simpaticamente] “gobbo”).

Ricordo ancora come quello spot pubblicitario e il suo jingle musicale ricossero un grande successo. Personalmente li associo ad anni di benessere economico, forse gli ultimi.

Sicuramente molto lontani. Anzi, troppo.

A risentirle adesso, quelle note suonano quasi come un triste presagio. Con probabilità è ciò che penserebbe Caterina Coppola di San Salvo, figlia di uno dei 380 operai dello stabilimento Golden Lady Chieti (la località è Gissi per l’esattezza) rimasti senza lavoro e senza ammortizzatori sociali.

Una canzoncina che, di sicuro, provocherebbe alla ragazza un’unica e inconfondibile emozione: rabbia, soprattutto nei confronti di quei politici che hanno portato avanti la propria campagna elettorale sulla pelle dei lavoratori che, riposte le urne, sono stati gettati nel dimenticatoio.

Dopo la rabbia, però, il dolore di Caterina si è trasformato in una lettera scritta di suo pungo e indirizzata al Presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso.

Perché sono passati giorni, mesi e poi anni, e la situazione sembra definitivamente bloccata. Gli ex dipendenti della Golden Lady, illusi dalle promesse elettorali di turno, sono rimasti al palo. 380 famiglie che adesso non dormono più sonni tranquilli.

Caterina non ci sta e ha scritto tutto il suo disagio di ragazza umiliata da quei politici che, al contrario, avrebbero dovuto difenderla:

“Salve Presidente D’Alfonso. Sicuramente lei non mi conoscerà, ma io, come tante altre persone che vivono in Abruzzo, conosco lei e soprattutto ricordo bene le promesse che chi riveste un ruolo come il suo, è solito fare durante le varie campagne elettorali. Ho 22 anni compiuti da neppure un mese e il mio futuro è praticamente nero, a volte mi chiedo se abbia senso o no che la nostra generazione continui a sopravvivere, perché è di sopravvivenza che si parla, non di altro, visto il futuro che la SUA di generazione ci sta riservando”.

Parole abbastanza dure, ma sentite e pienamente comprensibili, soprattutto se si riflette su ciò che (non) è stato fatto in questi anni dalla classe dirigente abruzzese per combattere la crisi o, almeno, per tutelare tutti coloro che, in questi duri anni, sono rimasti disoccupati.

Eppure, una mezza strategia imprenditoriale il Presidente D’Alfonso l’ha condivisa: no al petrolio, sì al vino.

Una linea politica che, ad oggi, ha prodotto risultati come la lettera di Caterina, figlia di un padre che ha perso il lavoro.

Un blocco “mentale”, quello del no a tutto, che sta respingendo una serie di investimenti che, invece, potrebbero dare una mano alle Caterine di domani.

Se il turismo eno-gastronomico – eccellenza regionale – è l’unico settore su cui puntare, infatti, Caterina purtroppo non sarà l’unica a indirizzare una lettera al governatore.

Perché dire a prescindere “no a tutto” è un errore. E lo è soprattutto per le centinaia e migliaia di cittadini che stanno pagando sulla propria pelle questa politica industrialmente “talebana”.

I versi di Caterina sono più vere di qualunque spot e manifesto elettorale:

“A quelli come mio padre, non servono parole ma dimostrazioni. Le parole le lasci agli oratori, lei non è un oratore ma un Presidente di Regione. Io e la mia famiglia a dicembre saremo forse senza più nulla, ma una cosa sono certa che non ce la porterete via, ossia la DIGNITÁ, cosa che a tanti di voi è tuttora oscura. Ora decida lei Presidente, la mia non è una preghiera, è pura indignazione, perché il lavoro non si elemosina, è un diritto ancor prima di essere un dovere”.

Parole dure, ma al tempo stesso chiare e inequivocabili.

E non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!

Diego Vitali blogger goccediverita.it