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No Ombrina Mare, l’Italia non è un paese per sindacalisti

Inutile girarci intorno: l’Italia non sta attraversando il suo momento di massimo splendore.

Stiamo uscendo lentamente dalla crisi peggiore degli ultimi cento anni, ma con tanta fatica e altrettanti fattori che impediscono un’inversione di marcia.

Tra coloro che vengono additati come attaccati ai propri privilegi da boom economico ci sono i sindacalisti. Da più parti si dice che le parti sociali negli ultimi trent’anni si siano limitate a difendere i privilegi di pochi fortunati, trascurando del tutto la massa degli sfortunati senza “santi in paradiso”.

Ma è davvero o sempre così? I sindacati italiani stanno dalla parte dei lavoratori, sempre, senza se e senza ma, o si fanno sedurre dai moti di piazza, dagli slogan urlati, dalle elezioni che sono sempre troppo vicine?

Insomma, i sindacati in Italia difendono il lavoro o difendono se stessi?

Facciamo un esempio recente. Mercoledì 14 ottobre a Roma si sarebbe dovuta svolgere la Conferenza dei Servizi presso il Ministero per lo Sviluppo Economico.

Tra i vari punti del calendario, la Conferenza avrebbe dovuto esprimersi sulla piattaforma Ombrina Mare, che come saprete dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) sorgere nei pressi della costa teatina, in Abruzzo.

Ovviamente le associazioni ambientaliste hanno immediatamente convocato una manifestazione No Triv sotto il Mise, per mettere pressione ai politici e bloccare la realizzazione del progetto.

La classica iniziativa di protesta i cui numeri di partecipazione diffusi da alcuni organi d’informazione online non collimano con alcune immagini scattate dal vivo, come quelle riportate dal sempre attento giornalista de Il Sole 24 Ore, Jacopo Giliberto.

Ma, adesioni a parte, sulla possibilità di manifestare civilmente una propria posizione niente da ridire. In Italia vige la democrazia e c’è libertà di parola, di espressione e di manifestazione pacifica. Però è anche vero che le parole e gli atti contano, soprattutto se a compierli sono persone che, in teoria, avrebbero un ruolo di difesa dei lavoratori.

E infatti cosa fa il sindacato, nello specifico la Fiom Ggil Chieti? Partecipa alla protesta, ovviamente, almeno da quanto affermato dal Messaggero dell’11 ottobre scorso.

Un sindacato che scende in piazza per manifestare contro un progetto che – secondo Rockhopper – dovrebbe portare oltre 300 milioni di euro di nuovi investimenti privati e più di 200 nuovi posti di lavoro per giovani e per professionisti…può definirsi un sindacato?

Un sindacato non dovrebbe proteggere e, soprattutto, favorire l’occupazione? Per cercare di approfondire meglio questo tema delicato, ho contattato Carlo Petaccia della Filctem Cgil Abruzzo, che avevo già intervistato in passato. Ecco cosa ci siamo detti.

Lei nella nostra precedente intervista espresse parere favorevole alle estrazioni di idrocarburi in Abruzzo, purché effettuate nel pieno rispetto delle leggi e dell’ambiente, per via degli evidenti benefici in termini di occupazione e crescita economica. Mi può dire se ora il suo parere è cambiato? Pensa che questa adesione di Fiom Cgil Chieti faccia gli interessi dei lavoratori? Non si stanno mettendo a rischio migliaia di potenziali nuovi posti di lavoro per un presunto rischio per l’ambiente (che comunque sarebbe tutto da dimostrare)?

Carlo Petaccia: “Lei mi vuol portare a tutti i costi alla polemica con la Fiom Cgil che tra l’altro è stata la mia categoria di “nascita” (ero un dipendente metalmeccanico ed ero una RSU). Ma figuriamoci se mi tiro indietro, non alla polemica ma al confronto: ho troppa stima della Fiom Cgil per giudicarne le azioni, le iniziative e ne rispetto le posizioni ma sono fermamente convinto oggi, come lo ero ieri, che le politiche estrattive, così come le ho formulate nella passata intervista (rispettose dell’ambiente e compatibili con le leggi esistenti n.d.r.), possono essere una opportunità. Quindi, il mio parere non è cambiato. Quando si discutono materie macro come queste, non se ne può discutere a livello regionale ma va discusso come minimo a livello europeo, con il pieno rispetto delle sovranità nazionali.”

Parole che confermano quanto generalizzare, in tutti i campi, sia sempre sbagliato. Perché anche nei sindacati ci sono persone che hanno l’obiettivo di salvaguardare il mondo del lavoro.

E per farlo sono anche disposti ad andare controcorrente, sfidando la demagogia popolare e puntando su un elemento che, al momento, è scomodo in Abruzzo: gli idrocarburi.

Quell’industria che dà lavoro, solo in terra abruzzese, a 5.000 persone e che, a detta di molti, potrebbe portare non pochi guadagni a tutta la società.

E per fortuna che c’è qualcuno che questo lo sa.

Diego Vitali blogger goccediverità.it