“Vermi ridicolissimi”, la discussione continua: lettera in redazione

letteraRoseto. Le passioni, soprattutto quelle brucianti, se costituiscono spesso la molla che spinge l’uomo ad agire, non dovrebbero mai esserne la guida.

La correttezza di questa massima morale, che è alla base di molte riflessioni etiche dal sorgere del pensiero occidentale ai nostri giorni, mi è venuta in mente mentre leggevo le parole riservate su Facebook da un’esponente di un partito politico della città di Roseto a giovani ragazzi di un movimento politico di segno opposto al suo. Questi ragazzi, ormai da quattro anni, si fanno promotori di una iniziativa pubblica per ricordare uno degli avvenimenti che segnò il corso del XX secolo e che, come ogni grande evento del passato, influenza ancora la nostra storia: la caduta del muro di Berlino. La manifestazione ha uno svolgimento semplice e pacifico: si crea un muro composto di scatoloni di cartone e su ogni mattone si scrive sopra una cosa che si vorrebbe non ci fosse più. Alla fine della serata, dopo un pomeriggio passato a discutere assieme e a cercare il dialogo su quei temi con chi è disponibile, il “muro” viene fatto cadere.

Naturalmente si possono avere giudizi diversi sui singoli temi posti all’attenzione dei passanti, ma attribuire qualifiche di “fascista senza cervello” e “fottutissimi vermi servi dei servi” a ragazzi che scendono in piazza in maniera pacifica per proporre idee ad altri ragazzi non mi pare sia un atteggiamento rispettoso della dignità altrui.

Questi toni non possono trovare alcuna giustificazione. Non certo quella di uno sfogo dettato dallo stato emotivo del momento come i toni scomposti farebbero pensare. Chi agisce sulla scena pubblica (seppur piccola come quella locale) deve saper misurare le parole.

Il rispetto prima di reclamarlo, bisognerebbe in primo luogo offrirlo. Lo slittamento della polemica politica dal piano ideale a quello personale è purtroppo un pessimo portato della Seconda Repubblica e ormai impera dal piano nazionale a quello locale. Parole così forti scagliate contro ragazzi però sono un altro confine che speravamo di non vedere superato ed è con rammarico che constatiamo che Roseto debba fregiarsi anche di questa medaglia.

Naturalmente questa reazione molto scomposta non c’è stata per caso, ma è frutto di presunti soprusi che si crede di aver subito. Questa circostanza, lungi dal costituire una giustificazione, è segno di debolezza e frustrazione. Nei molti casi in cui soprusi (piccoli e grandi), quelli sì non presunti ma effettivi, sono stati compiuti in passato a colori politici invertiti (non è questa la sede per farne un elenco, ma chi scrive non ha la memoria corta) mai si è scesi così in basso. Crediamo che vi siano molti modi per far valere le proprie ragioni. Insultare chi si avrebbe il compito di educare è sicuramente quello peggiore.

Momenti (e parole) di forte dissenso nei confronti di questo o quell’amministratori sono, in questo momento di crisi economica, legittimi e comprensibili (purché non travalichino i confini del buon gusto). Ma rivalersi, con l’astio covato nei confronti di altri, su giovani ragazzi con insulti gratuiti, non fa certo onore a nessuno, privato cittadino o esponente pubblico che sia. Né di certo fa onore a chi si pregia di definirsi “non mezza dottoressa ma professoressa”.

Alessio Palmarini

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