Il caso Magneti Marelli: l’intervento

Alla Magneti Marelli di Sulmona un operaio con trent’anni di esperienza lavorativa alle spalle sarebbe stato cacciato, insieme ad un collega, (inquadrato in azienda con contratto interinale) perché responsabili della spedizione di due pezzi difettosi.

Recentemente, alla Sevel di Atessa, ad un operaio è stato vietato di andare in bagno costringendolo a pisciarsi addosso e ledendo, così, i più elementari diritti umani. Pochi giorni dopo la dirigenza della stessa fabbrica ha vietato di fermare la produzione per soccorrere un operaio che si era sentito male in reparto.
Quanto sta accadendo nel metalmeccanico abruzzese non è che lo specchio di quanto avviene nel paese: forme di regressione sempre più spinte che relegano i lavoratori su posizioni subalterne e di sfruttamento. Il jobs act costituisce il contesto legislativo ideale per favorire queste forme di regressione che, nella vicenda della Sevel e della Magneti Marelli assumono le forme dello sfruttamento, del ricatto e dell’intimidazione.
E’ un disegno gravissimo, che si compie calpestando ogni principio costituzionale e che è perseguito con cinica meticolosità dalle classi dominanti in un quadro normativo servilmente offerto dal Governo.
L’Abruzzo, la Sevel, la Magneti Marelli sembrano essere il laboratorio ideali di chi, esaltando Marchionne e dileggiando i sindacati, vuole degradare il lavoro ed umiliare i lavoratori. Un assunto culturale che incide più in generale sui principi di uguaglianza e di giustizia operaia.
Il Comitato Regionale Abruzzese del PCI solidarizza con i lavoratori colpiti ed affianca la Fiom Cgil nel suo solitario compito di denuncia, invitando i partiti politici ed i sinceri democratici a prendere coscienza di come l’interesse di pochi stia spingendo nel baratro l’intera società.

Il Segretario regionale
Antonio Macera

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