Un mostro a Parigi

600133_167661686708812_366151047_nNella Parigi dei primi del’ 900, la curiosità del proiezionista Emile e del suo amico fattorino Raoul, finisce per combinare un grosso guaio nel laboratorio di un folle scienziato causando l’ingigantimento di una pulce con, però, una vocazione per il canto.Lucille, cantante di cabaret, riesce a capire le vere intenzioni della pulce, tutt’altro che nocive, e assieme a Emile e Raoul cercherà di sottrarla dalle grinfie del capo della polizia parigina.

Senza tanti giri di parole: Un mostro a Parigi è un piccolo gioiello del cinema d’animazione firmato da Bibo Bergeron (La strada per El Dorado – Shark Tale). Prodotto da Luc Besson tramite la sua casa di produzione Europacorp, il film trae ispirazione dai grandi classici (Il fantasma dell’opera, Il gobbo di Notre Dame, La bella e la bestia….ma c’è anche una scena che ricorda il Batman di Tim Burton) per intessere una storia affascinante visivamente e poeticamente toccante. Se l’arido 2012 ricorda la Pixar con The Brave e conserva La collina dei papaveri dello Studio Ghibli donandolo alla polvere, conclude l’anno con una sorpresa europea che il regista dedica al padre, dove tra scienza e tecnologia vince la delicatezza delle passioni progressiste.Illuminato dalla sua Parigi e incantato dal cinema, Bibo Bergeron realizza il prolungamento di quelHugo Cabret dove Scorsese, omaggiandone l’arte, dimenticò di presentare il personaggio principale: Parigi. Una città in fermento dove il progresso e la tecnologia giustificavano i colpi di testa o i guai combinati in nome della curiosità, Un mostro a Parigi continua dove Hugo Cabret finisce ma potrebbe esserne anche l’ipotetico prologo dove la città lascia spazio ai suoi illustri e geniali abitanti. Méliès da una parte, la pulce (intesa come arte tutta) dall’altra ed in mezzo Parigi tra gag mai banali e una leggerezza spensierata. Proprio come i primi anni del ’900 dove il bianco e nero iniziale lascia il posto al colore delle passioni.

 

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