Non ci sono più le mezze stagioni? Come cambia il clima? Intervista ad Andrea Corigliano

Cosa sta succedendo al clima? Perché i fenomeni atmosferici diventano spesso violenti ed estremi in tutto il pianeta? Le ultime intense nevicate in Italia, come è possibile conciliarle con il “global warming”? Oppure anche il freddo è paradossalmente una conseguenza estrema del pianeta che si sta surriscaldando? Dato questo inconfutabile e dimostrato dai più grandi ricercatori mondiali. Appare sempre più evidente che esista, si passi il termine, una “linea spezzata del progresso”, ossia che la nostra continua ricerca ossessiva del benessere consumistico, da sempre nel mondo occidentale, e domani certamente in quello emergente che giunge da oriente, possano essere responsabili di quelle che spesso definiamo “anomalie climatiche”.

Abbiamo chiesto lumi su questo importantissimo argomento ad Andrea Corigliano, fisico dell’atmosfera e meteorologo, collaboratore in passato del sito Meteo Giuliacci ed attualmente impegnato in un progetto di divulgazione ancora in cantiere ma che a breve sarà reso pubblico. corigliano andrea

Dottor Corigliano, spesso usiamo dire, anche sulla stampa, che le stagioni oramai sono irrimediabilmente mutate, rispetto a quelle che ci ricordavamo da bambini o rispetto a quelle raccontate dai nostri anziani. Quanto c’è di vero in tutto questo, e come è cambiato il clima negli ultimi 30 anni?

È vero: si sente affermare che non ci sono più le stagioni di una volta perché le condizioni meteorologiche che si susseguono talvolta non ricalcano, anche in modo piuttosto evidente, il tipo di tempo che ci dovrebbe accompagnare in quella stagione. L’estate temporalesca dell’anno scorso, per esempio, ha fatto pensare di essere ancora in autunno dal momento che ci eravamo lasciati alle spalle una primavera piovosa ed un inverno altrettanto piovoso ed insolitamente mite. Si tratta certamente di un comportamento del tempo che contribuisce a mettere in evidenza le grandi anomalie della circolazione atmosferica. Ma se si parla di anomalie persistenti che interessano vaste aree del pianeta, allora non si può non parlare di cambiamento climatico, cioè di un cambiamento dello stato medio del clima. A tal proposito, i dati raccolti dai principali Centri che si occupano di monitorare il campo termico terrestre ci dicono che nell’ultimo trentennio la temperatura media della Terra è aumentata di circa mezzo grado rispetto al trentennio precedente: davvero tanto, se si pensa che si tratta di un’anomalia globale! In Italia, secondo i dati dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima di Bologna (ISAC-CNR), nello stesso periodo l’aumento è stato compreso tra 1 e 1.5 °C, ad evidenziare il fatto che l’intensità del riscaldamento non ha interessato in ugual misura tutte le zone della Terra: ci sono state aree in cui è stato più evidente, altre in cui è stato meno marcato ed altre ancora dove invece si è avuta un’inversione di tendenza, con anomalie di temperatura che sono diventate negative. Ma il fatto che, globalmente, l’anomalia sia stata positiva mostrando peraltro una magnitudo rilevante, significa che il cambiamento verso una Terra più calda è stato inequivocabile.

Il clima negli ultimi sei mesi, in Italia, è stato caratterizzato da evidenti anomalie, con precipitazioni torrenziali in autunno che hanno provocato ingenti danni economici ed ambientali specialmente nel nord del paese e successivamente con nevicate che hanno interessato anche regioni italiane dove questo fenomeno è un evento raro. Cosa sta accadendo? E’ anche questo un effetto del global warming? O non sussistono ancora le condizioni per poterlo affermare in modo scientifico?

Partiamo dal concetto che “Global Warming” significa “più calore”. La fisica ci insegna che il calore è una forma di energia che finisce per essere utilizzata anche come carburante all’interno del motore atmosferico, cioè la fabbrica dei fenomeni meteorologici. Ecco che allora l’aumento della temperatura media del pianeta procede così di pari passo con l’aumento della probabilità di avere fenomeni meteorologici più intensi ed estremi che trovano nell’eccesso di calore (e quindi di carburante) incamerato dall’atmosfera quella sorta di “sostanza dopante”, capace di alterare i fenomeni stessi. Ma come possono modificarsi le dinamiche legate ad eventi di tipo caldo (siccità, alluvioni, ondate di caldo), possono altrettanto modificarsi le dinamiche legate ad eventi di tipo freddo (ondate di gelo), sebbene queste ultime siano meno numerose rispetto alle prime. Se questo discorso è vero in generale, non è però corretto tirare in ballo il Global Warming per spiegare ogni volta il singolo fenomeno estremo che interessa un’area perché, così facendo, si commettono due errori: un errore spaziale, perché si pone sullo stesso piano un fenomeno locale con un fenomeno globale, ed un errore temporale perché si pone sullo stesso piano il tempo meteorologico ed il clima. Un evento estremo appartiene alla meteorologia, cioè al susseguirsi dei fenomeni atmosferici che nascono, si sviluppano e muoiono nel giro di pochi giorni; il “Global Warming” è uno stato climatico che prende corpo mediando tutti i tipi del tempo che si sono verificati su tutto il pianeta durante un periodo che abbraccia almeno 30 anni. È quindi la ripetitività di certe situazioni anomale che documenta un cambiamento: se in Italia, per esempio, assistiamo ad un aumento della frequenza degli episodi alluvionali – come in realtà sta accadendo in autunno e non solo – allora significa che anche alle nostre latitudini c’è stato un cambiamento che, ripeto, non è dimostrato da un singolo evento, ma da una tendenza che dimostra che quel tipo di evento è diventato più frequente.

In riferimento particolare all’immissione massiva di anidride carbonica da parte dei paesi più avanzati e dalle economie emergenti orientali, oggi tale surplus di gas serra può essere davvero messo in qualche maniera sotto controllo o siamo fuori tempo massimo ormai?

Siamo ormai arrivati al punto di poter contenere i danni e mitigare gli impatti del cambiamento climatico dovuto alla massiccia immissione in atmosfera di gas serra: quanto all’anidride carbonica, ad esempio, le misurazioni indicano che ormai la sua concentrazione in atmosfera ha raggiunto la cifra tonda delle 400 parti per milione (ppm); mentre dalla ricostruzione del suo andamento nel tempo si estrapola che tale soglia supererebbe di un centinaio di unità i picchi massimi di concentrazione che si sono avuti negli ultimi 800.000 anni. Per questo motivo, dobbiamo agire e bisogna farlo in fretta, abbattendo tali emissioni che aumentano l’effetto serra, a cui si lega inesorabilmente l’aumento della temperatura media del nostro pianeta. Anche perché, se si agisse immediatamente azzerando le emissioni, il sistema climatico proseguirebbe per inerzia sul cammino intrapreso per ancora qualche decina di anni: possiamo infatti paragonarlo ad un tir che viaggia in autostrada a velocità elevata perché se non immettessimo più gas serra in atmosfera, sarebbe un po’ come se il conducente del tir non schiacciasse più il pedale dell’acceleratore. Il risultato? Noi osserveremmo comunque il tir muoversi ancora, prima di fermarsi. Ecco perché è importante non solo agire sulla riduzione delle emissioni, ma anche portare avanti una politica di adattamento al cambiamento climatico per attutire le conseguenze che la concentrazione attuale dei gas serra porterà probabilmente sul clima dei prossimi decenni.

Cosa la preoccupa di più se le chiedo di indicarci quali sono i fattori che potrebbero portare ad una vera instabilità climatica sul Pianeta, del tipo di quella paventata dal matematico e cosmologo Stephen Hawking, quando dice che “la Terra potrebbe diventare instabile come Venere?”

Credo che il sistema climatico abbia già raggiunto un grado di instabilità non trascurabile: i dati che abbiamo citato prima evidenziano infatti come l’aumento della temperatura media del pianeta nell’ultimo trentennio sia stata davvero notevole, tant’è che la preoccupazione della comunità scientifica internazionale non è tanto il cambiamento climatico in sé (il clima è sempre cambiato), quanto piuttosto l’accelerazione con cui questo cambiamento è avvenuto: l’unico fattore capace di destabilizzare in così breve tempo il sistema climatico può venire solamente da cause interne al sistema stesso e non certo da fattori astronomici che si sviluppano su scale temporali millenarie. Ecco perché la comunità scientifica ritiene altamente probabile che il fattore antropico sia il responsabile della deriva a cui è andato incontro il nostro clima.

Come vede il proliferare di siti e di pseudo esperti del meteo che ogni giorno impazzano sul web ma anche sui media tradizionali? Come fa un utente a sapere se le previsioni che sta leggendo sul suo smartphone sono attendibili o al contrario una bufala?

Purtroppo questa è una conseguenza del fatto che la professione del meteorologo non è legalmente riconosciuta: chiunque può quindi sentirsi autorizzato ad aprire un sito, un blog o una pagina sui social network per parlare di tempo e di clima. Non dico che tutti i siti sono uguali, ma la commercializzazione della meteorologia ha portato al degrado dell’informazione meteorologica perché, per avere più click e quindi più introiti pubblicitari, si cavalca il sensazionalismo: si confezionano cioè notizie accompagnate da titoli che creano ansia e preoccupazione per invogliare l’utente a cliccare. Quanto alle previsioni sugli smartphone, si tratta di previsioni automatiche, cioè che non provengono da un’attenta analisi fatta da un professionista. Quelle poi che si spingono oltre i tre giorni e forniscono dettagli sul tempo del proprio comune, in ogni momento della giornata, è quanto di più ingannevole ci possa essere: si tratta di una vera e propria truffa ai danni dell’utente, ignaro del fatto che la predicibilità dell’atmosfera è variabile a seconda delle condizioni meteorologiche che si presentano di volta in volta. Può infatti capitare di avere periodi in cui si può fare una buona previsione anche a 5-6 giorni, come nei casi di alta pressione stabile e duratura, ed altri in cui l’incertezza la fa da padrona già dopo i due giorni, come nei casi di tempo instabile: ecco che allora ad ogni consultazione la previsione cambia, come è normale che sia. Per questo motivo, consiglio sempre di non scaricare le applicazioni meteo sul cellulare e di cimentarsi nella lettura un bollettino testuale, soffermandosi sul significato delle parole: la lingua italiana, ricca di termini, di aggettivi e di forme verbali, fornisce molte più indicazioni di quanto non possa fare un’icona che raffigura il sole, la nuvola e la goccia di pioggia.

Tornando al tempo meteorologico, sappiamo che fare previsioni a lungo termine è cosa quasi impossibile, ma vista la sua esperienza, le chiedo: che tipo di estate ci aspetta?

Siamo a marzo e non sappiamo ancora come si chiuderà la stagione primaverile. Potremo dare un’indicazione di massima su come potrebbe essere l’estate – e cioè se potrebbe essere più calda, più fredda, più piovosa o più secca del normale – solo ai primi di giugno: dobbiamo aspettare infatti che i modelli climatici, che si occupano di prevedere le probabili anomalie della circolazione generale dell’atmosfera, abbiano a disposizione gli ultimi dati aggiornati delle condizioni iniziali: ciò sarà possibile solo quando si saprà come finirà la primavera. Anche in questo caso, attenzione quindi agli annunci “pubblicitari” che non mancheranno nei prossimi mesi e che parleranno magari dell’estate più calda del secolo o di un’Italia arroventata a 40 °C. Non è questa una meteorologia seria, ma il solito modo per ricevere soldi dalla pubblicità, lanciando falsi scoop che peraltro gettano fango addosso a questa scienza perché poi, quando alla fine della stagione si tirano le somme, queste previsioni non sono rispettate e le derisioni sono indirizzate ai veri professionisti e non a quelli che si sono spacciati tali.

Un’ultima domanda che rivolgo sempre a chi si occupa di “scienza applicata” alle nostre vite, quali sono da sempre la meteorologia e la climatologia. Si sente ottimista riguardo al futuro di tutti noi, e in particolar modo in riferimento alle future generazioni? Come sarà il pianeta di domani?

Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, ma di essere realisti. Il problema del cambiamento climatico va affrontato e basta: è finito il tempo delle discussioni e dei rinvii, perché mentre si continua ancora a parlare quel tir in autostrada continua a camminare spedito perché il conducente continua a schiacciare il pedale dell’acceleratore pur sapendo che sta guidando il mezzo verso un muro. Le elaborazioni dei modelli climatici ci mettono di fronte scenari che sono tutti indirizzati ad un continuo aumento della temperatura media globale del nostro pianeta: il suo tasso di crescita è ovviamente diverso a seconda degli scenari di immissione di gas serra in atmosfera, ma la strada è quella. Inutile quindi ribadire che, proseguendo in questa direzione, l’estremizzazione climatica continuerà a trarne vantaggio.

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