Laboratori Gran Sasso, esperimento CUORE restringe il campo di ricerca del neutrino di Majorana

La collaborazione scientifica internazionale che conduce l’esperimento CUORE (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events) ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha recentemente reso pubblici gli ultimi risultati sperimentali, che rappresentano più di due anni di presa dati, da aprile 2017 a luglio 2019. Questo nuovo studio, che corrisponde a un incremento significativo dei dati raccolti, rispetto a quelli pubblicati nell’ottobre 2017, fornisce un limite ancora più stringente sull’esistenza di un processo rarissimo, che proverebbe che il neutrino è una particella di Majorana, coincide cioè con la sua antiparticella. Questa singolare proprietà è di fondamentale importanza in quanto permette di spiegare i meccanismi alla base dei processi di creazione della materia, gli stessi che hanno caratterizzato i primi istanti della formazione dell’universo.

“Abbiamo più che quadruplicato i dati raccolti e siamo tra gli esperimenti più sensibili al mondo nella corsa alla scoperta di questo decadimento raro”, sottolinea Oliviero Cremonesi, ricercatore dell’INFN di Milano Bicocca a capo della collaborazione CUORE.

L’esperimento CUORE è stato progettato per scoprire il rarissimo processo chiamato doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, teorizzato ma mai osservato, in cui non vengono creati antineutrini, al contrario di quanto previsto dalle attuali teorie. Il rivelatore CUORE è formato da 988 cristalli cubici di un composto naturale altamente purificato, il biossido di tellurio, alloggiati in 19 strutture verticali di rame, chiamate torri. Nonostante il segnale distintivo del doppio decadimento beta senza neutrini non sia stato ancora evidenziato, i nuovi dati di CUORE forniscono un limite due volte migliore rispetto a quello precedentemente pubblicato sulla frequenza di tale processo nei nuclei di tellurio-130, contenuto nei cristalli di CUORE. Questo risultato a sua volta può essere interpretato come un margine più stretto sul valore della massa del neutrino di Majorana, che sarebbe inferiore a un decimo di elettronvolt, ovvero circa 5 milioni di volte più leggera di quella di un elettrone.

I nuovi risultati di CUORE sono stati ottenuti con l’uso di un nuovo e sofisticato algoritmo, che permette di amplificare i segnali dei rivelatori e allo stesso tempo rigettare il fastidioso rumore di fondo.

“Siamo entusiasti del nostro rivelatore che al momento funziona con un’efficienza prossima al 90% – sottolinea Carlo Bucci, ricercatore dei Laboratori del Gran Sasso, coordinatore tecnico di CUORE e responsabile italiano dell’esperimento – Gli sforzi fatti negli ultimi due anni per ottimizzare il funzionamento del rivelatore hanno finalmente dato i loro frutti. Per riscaldare e raffreddare nuovamente il sistema sono necessari diversi mesi, dobbiamo farlo al meglio ogni volta”.

L’insieme dei cristalli di CUORE è estremamente sensibile al lieve segnale energetico previsto per il doppio decadimento beta senza neutrini. Raffreddare i rivelatori ad una temperatura leggermente inferiore a -273 °C rende l’intera schiera, che pesa circa 742 kg, sensibile all’impercettibile aumento di temperatura causato dall’interazione di una singola particella in ciascuno dei cristalli. Il tellurio-130 nei cristalli, ovvero l’elemento che può dare luogo al decadimento cercato, costituisce circa 206 kg del peso totale di CUORE.

Alla fine del programma sperimentale di CUORE, della durata di 5 anni, è prevista una variante di nuova generazione chiamata CUPID, che sostituirà i cristalli di tellurio con nuovi cristalli che con tutta probabilità saranno costituiti da un composto del molibdeno, in grado di emettere luce. Questi cristalli produrranno quindi sia segnali di calore (innalzamento di temperatura, come quelli di CUORE), sia di luce, e incrementeranno ulteriormente le prestazioni e la sensibilità dell’esperimento.

“Il decadimento teorizzato nei cristalli di CUORE è un processo di creazione di materia che ha implicazioni anche sulla comprensione del big bang, l’esplosione all’inizio del nostro universo, e potrebbe spiegare come la materia ha prevalso sull’antimateria nella sua evoluzione – spiega Claudia Tomei, ricercatrice presso l’INFN di Roma e membro del CUORE Executive Board – È un momento esaltante per la fisica del neutrino, grazie ai contributi di esperimenti diversi e complementari che ci aiuteranno a capire meglio le proprietà di queste particelle”, conclude Tomei.

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