Goletta Verde in Abruzzo: ecco i 4 punti fortemente inquinati

Degli otto punti monitorati sulla costa, la metà risulta oltre i limiti di legge. Nel mirino ci sono sempre canali e foci, i principali veicoli con cui l’inquinamento microbiologico, causato da cattiva depurazione o scarichi illegali, arriva in mare.

 

È questa in sintesi la fotografia scattata lungo le coste dell’Abruzzo da un team di tecnici e volontari di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane. A parlarne, nel corso di una conferenza stampa tenuta stamane nella riserva regionale Lecceta di Torino di Sangro.

 

Per la prima volta quest’anno la campagna ambientalista non segue il classico itinerario coast to coast a bordo dell’imbarcazione, che si prende una piccola pausa nel rispetto delle restrizioni per il distanziamento fisico imposte dalla pandemia. Il viaggio ideale lungo la Penisola vive infatti di una formula inedita, ma che ugualmente punta a non abbassare la guardia sulla qualità delle acque e sugli abusi che minacciano le coste italiane.

 

Il dettaglio delle analisi di Goletta Verde

 

È bene ricordare che il monitoraggio di Legambiente non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, ma punta a scovare le criticità ancora presenti nei sistemi depurativi per porre rimedio all’inquinamento dei nostri mari, prendendo prevalentemente in considerazione i punti scelti in base al “maggior rischio” presunto di inquinamento, individuati dalle segnalazioni dei circoli di Legambiente e degli stessi cittadini attraverso il servizio SOS Goletta. Foci di fiumi e torrenti, scarichi e piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge rappresentano i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta alla insufficiente depurazione dei reflui urbani o agli scarichi illegali che, attraverso i corsi d’acqua, arrivano in mare.

Le località costiere, inoltre, spesso pagano problematiche che si estendono fino ai comuni dell’entroterra. La denuncia sulle carenze depurative da parte di Legambiente vuole provare a superare questo deficit cronico, anche per tutelare il turismo e le eccellenze dei territori.

 

Il monitoraggio delle acque in Abruzzo è stato eseguito 29 e 30 giugno scorsi da volontari e volontarie dell’associazione. I parametri indagati sono microbiologici (Enterococchi intestinali, Escherichia coli) e vengono considerati come “inquinati” i campioni in cui almeno uno dei due parametri supera il valore limite previsto dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli in cui i limiti vengono superati per più del doppio del valore normativo.

 

In Abruzzo sono stati due i punti campionati in provincia di Teramo. Fortemente inquinato il punto sulla foce del fiume Vibrata, in località Villa Rosa (dove in ogni caso per legge esiste già il divieto di balneazione). Entro i limiti, invece, il punto sulla spiaggia di fronte “Thaon” sul lungomare Zara a Giulianova.

Due anche i punti indagati in provincia di Pescara, entrambi risultati entro i limiti di legge. Si tratta della spiaggia vicino la traversa IV, a cento metri a sud del fiume Saline, nel comune di Montesilvano, e della spiaggia in corrispondenza di piazza Primo Maggio a Pescara.

Quattro, infine, i punti monitorati in provincia di Chieti, di cui solo uno risultato entro i limiti previsti dalla legge: la foce del fiume Sinello a Casalbordino. Sono stati giudicati “fortemente inquinati” i punti sulle altre tre foci in provincia: quella sul fiume Alento a Francavilla al Mare, sul fiume Feltrino, a Marina di San Vito nel comune di San Vito Chietino e sulla foce del canale in località “La foce” a Rocca San Giovanni.

 

È inoltre utile sottolineare che quattro delle cinque foci monitorate, essendo non balneabili, non sono campionate dalle autorità competenti, e rappresentano per questo le criticità che invece sono l’obiettivo specifico della campagna estiva di Legambiente.

 

È da notare come tutte le foci risultate “fortemente inquinate” nel chietino siano a ridosso dei lidi sia attrezzati che di spiaggia libera, in cui la potenzialità il potenziale afflusso di bagnanti nei pressi dei punti è stata definita “alta” dai tecnici di Legambiente. “Il quadro delle acque abruzzesi conferma la necessità di attenzionare le criticità in alcuni punti della costa dei Trabocchi, che conserva ad ogni modo le tre vele della Guida Blub – ha commentato Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo – sarà necessario implementare una strategia condivisa con tutti gli attori interessati e compiere uno sforzo ulteriore, al fine di migliorare la qualità di un territorio al centro dello sviluppo turistico della Regione”.

 

Il monitoraggio scientifico I prelievi e le analisi di Goletta Verde vengono eseguiti da tecnici e volontari di Legambiente. L’ufficio scientifico dell’associazione si è occupato della loro formazione e del loro coordinamento, individuando laboratori certificati sul territorio. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero, fino al momento dell’analisi, che avviene lo stesso giorno di campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, escherichia coli).

 

Il numero dei campionamenti effettuati viene definito in proporzione ai Km di costa di ogni regione. Permangono le criticità sulla cartellonistica informativa rivolta ai cittadini che, nonostante sia obbligatoria ormai da anni per i Comuni, non viene ancora completamente adottata. Indicazioni che hanno la funzione di divulgare al pubblico la classe di qualità del mare e i dati delle ultime analisi. Solo sulla foce del fiume Vibrata (sulle cinque foci analizzate) è presente il cartello che indica il divieto di balneazione, mentre nelle tre spiagge monitorate è assente l’obbligatorio cartello di informazione sulla qualità delle acque.

 

L’erosione costiera in Abruzzo: un caso emblematico Negli anni Sessanta l’erosione costiera in Abruzzo incideva per il 5% del litorale, ma già nel 1990, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente i km erosi di costa erano diventati 35, il 28% del totale. Lo “Stato dei litorali italiani” del 2006 ha evidenziato poi un’erosione per le coste abruzzesi per circa 60 km, pari a circa il 50% del totale del litorale e il 60% delle coste sabbiose, le più vulnerabili. Nel 2018 nelle “Linee guida per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici”, documento elaborato dal Tavolo nazionale sull’erosione costiera, si evince che i km in erosione in Abruzzo siano diventati 82, pari a circa il 63% del totale del litorale.

 

Questo costante e progressivo aumento dell’erosione costiera fa dell’Abruzzo una delle regioni dove è più evidente il fenomeno, che interessa – seppur in misure diverse – la stragrande maggioranza dei litorali italiani. A partire dagli anni Cinquanta, insomma, nonostante un sistema di opere di difesa realizzato a più riprese nel corso degli anni e costituito da pennelli e da tre allineamenti di scogliere parallele alla costa, la crisi erosiva, ad oggi, continua ad estendersi a tutto il litorale con frequenti problemi per le strutture balneari e le viabilità cittadine.

 

Anche gli interventi realizzati lungo la fascia costiera condizionano l’equilibrio del litorale; particolarmente incisivi sono sia l’intensa urbanizzazione che la realizzazione di opere marittime (porti, pennelli, scogliere, ecc). Le conseguenze di tali elementi si riscontrano nella profonda alterazione dei sistemi dunali e nella interruzione del flusso detritico litoraneo, con conseguenti variazioni negative del profilo della spiaggia emersa e sommersa. Questo approccio progettuale, che ha nei fatti dimostrato già tutti i suoi limiti, considerando che nel tempo è proseguito interessando oggi icirca il 70% della costa abruzzese. Si stima che negli ultimi 15 anni per questo tipo di opere siano stati spesi dai 100 ai 150 milioni di euro.

 

Le aree costiere di Alba Adriatica e Martinsicuro a nord, quelle di Montesilvano e Casalbordino al centro e la costa dei trabocchi di Fossacesia a sud, sono tra i tratti maggiormente colpiti, anche se “protetti” da numerose barriere e pennelli artificiali. Nonostante sia oramai palese la stretta correlazione tra gli interventi fatti sino ad ora e l’incremento dei fenomeni erosivi, la Regione sta predisponendo, con la consulenza della Università dell’Aquila, l’aggiornamento del Piano “Gestione integrata dell’area costiera. Piano organico per il rischio delle aree vulnerabili”, nel quale tuttavia sembra che gli interventi previsti ricalchino ancora lo schema fino ad ora intrapreso.

 

Si vuole fermare infatti l’avanzata del mare sulla costa nord prevedendo una serie di barriere parallele dalla foce del fiume Tronto sino a Giulianova (circa 16 km) per un costo complessivo di circa 50 milioni di euro. Se questo intervento sarà realizzato, la copertura con opere rigide della costa abruzzese arriverà a circa il 90%. È evidente anche ai non esperti che il modello sino ad ora applicato non funziona, che il sistema costiero non è in equilibrio da tempo, e sarebbe quindi fondamentale capire le cause scatenanti di questa erosione e intervenire di conseguenza, invece di reiterare altre barriere rigide e continui apporti di sabbia che regolarmente vengono erosi.

 

Occorre attivare una pianificazione degli interventi per semplificare e non complicare il sistema naturale costiero, attraverso un monitoraggio frequente della morfologia costiera allo scopo di analizzare in dettaglio il trasporto litoraneo delle sabbie – che nel caso della costa abruzzese scorre da sud-est verso nord-ovest – con l’obiettivo di mantenere il più possibile una struttura di difesa naturale, rappresentata in primis dalla spiaggia emersa/sommersa e dalla sua capacità resiliente, evitando irrigidimenti della costa incoerenti con la sua naturale dinamicità. L’elaborazione dati è a cura di Corema Spiagge Srl.

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