Export abruzzese in calo: l’automotive non basta più. I dati

L’export abruzzese va giù. Dopo cinque anni di vacche grasse, con il vento in poppa dell’automotive a trainare tutto il resto,  l’Abruzzo si ritrova nei primi sei mesi del 2019 a fare i conti con il segno “meno” davanti alle cifre che connotano il commercio dei nostri prodotti verso l’estero: tutto, nonostante il settore mezzi di trasporto continui a macinare successi.

 

E’ accaduto stavolta – spiega l’indagine realizzata per la CNA Abruzzo da Aldo Ronci su dati Istat – che gli incrementi delle produzioni legate a quattro o due ruote non compensino  più le perdite di tutti gli altri comparti: “Nel primo semestre del 2018  – dice Ronci – l’export abruzzese ammontava a 4.467 milioni di euro, mentre nel primo semestre di quest’anno è stato di 4.383, registrando una flessione di 84 milioni di euro. Flessione che è anche la sola degli ultimi cinque anni.  In valori percentuali, l’export abruzzese ha segnato una flessione dell’1,9%: dato in controtendenza con quello nazionale che è cresciuto del 2,7%. E va pure ricordato che nel 2018 l’export abruzzese segnò un incremento del 5,1%”.

 

La brusca flessione, come detto, non può essere cercata nel fiorente mercato dei mezzi di trasporto l’auto, che tra gennaio e giugno hanno fatto segnato l’ennesimo record, con 71 milioni di euro di incremento, a fronte di una decrescita di tutti gli altri prodotti di ben 155 milioni. Per la prima volta, insomma, i guadagni del comparto leader (più 3,1%, contro la caduta nazionale del 6,8%) non sono riusciti a compensare il consistente decremento di tutti gli altri  (7% di flessione, mentre l’Italia veleggia a +3,9%).

 

I settori più falcidiati, dati Istat alla mano, sono così abbigliamento (-21 milioni di euro), apparecchi elettrici (-36), apparecchiature elettroniche (-29), articoli farmaceutici (-14), gomma e plastica (-23),  macchine e apparecchiature (-54). Con il solo settore della pelletteria a fare da parziale contraltare, grazie a un aumento di 8 milioni.

 

Sulla carta geografica, gran parte delle perdite si concentrano sul mercato tedesco: l’export verso la Germania, secondo lo studio, ha subito infatti un decremento di 88 milioni di euro: caduta dolorosissima, visto che proprio il Paese guidato da Angela Merkel è il principale destinatario delle produzioni made in Abruzzo, assorbendo ben il 19% del totale. Quanto alle province, a segnare le perdite più gravi sono Pescara (48 milioni) e Teramo (-19). In questo scenario, consola in parte il comparto agro-alimentare, che passa da 295 milioni del primo  semestre 2018 a 297 del primo semestre 2019 registrando dunque un incremento di soli 2 milioni di euro.

 

“Questi dati – osserva il presidente regionale della CNA, Savino Saraceni – impongono una riflessione molto seria, che peraltro facciamo da anni, sulle misure generali di sostegno alle imprese, che vanno sostenute con una minore pressione fiscale e uno sviluppo della dotazione di infrastrutture. Ma riguarda anche il ruolo che deve assumere la Regione per favorire processi di internazionalizzazione delle micro e piccole imprese abruzzesi, soprattutto in quei settori dove hanno una presenza forte e radicata, come l’agroalimentare o la moda”. “Purtroppo – aggiunge – il mercato interno continua ad essere stagnante e dunque la ricerca di nuovi mercati diventa fondamentale per la crescita delle imprese e per il rilancio di sviluppo e occupazione. Ci auguriamo che il nuovo governo regionale metta questo tra i suoi temi prioritari, perché bisogna impegnare risorse significative per costruire reti e filiere per competere all’estero. Diciamo anche da tempo che bisogna puntare a sviluppare una forte e intelligente attività di incoming. I temi sono sul tavolo da tempo, ora aspettiamo fatti concreti”.

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