Bevande a burocrazia zero: l’esempio (virtuoso) di Pescara

Pescara è il solo, unico capoluogo di provincia italiano, dove il consumo di una bevanda, che si tratti di una bibita o di una birra, in una attività artigianale come una pizzeria non sia sottoposto a una montagna di permessi.

 

L’eccezione virtuosa viene certificata dall’indagine nazionale realizzata da CNA Agroalimentare in collaborazione con CNA Commercio e Turismo, che nel suo report periodico dal titolo “Comune che vai, burocrazia che trovi”, ha provato stavolta a testare il polso alle difficoltà disseminate sul percorso delle imprese artigiane alle prese con i problemi di vendita e diffusione dei loro prodotti, soprattutto in presenza di una significativa modifica degli stili di vita e delle conseguenze che ciò comporta sui consumi alimentari.

 

“Negli ultimi anni – spiega così lo studio – la società italiana ha subìto profonde trasformazioni. Si annotano a livello sociale nuovi trend del cibo che segnalano una progressiva riduzione del tempo trascorso in cucina. Peraltro, l’aumento dell’occupazione e delle ore lavorative ha favorito il diffondersi di pasti veloci, consumati al di fuori delle mura domestiche e, quindi, l’offerta di soluzioni più rispondenti alla ristrettezza temporale delle pause e alla necessità di contenere i costi, senza sacrificare la qualità”.

 

Ne deriva, così, un incremento del fenomeno del consumo di cibo sul posto, che ha assunto di recente una dimensione significativa, stimata dalla confederazione artigiana in una spesa annuale pro-capite, per mangiar fuori casa, che supera i 1520 euro; quota significativa di mercato che tuttavia non favorisce le attività del comparto artigiano, fortemente penalizzate, nel campo della somministrazione, da norme più restrittive, che arrivano a prevedere oltre 20 diversi adempimenti vari, incluse le ore di formazione previste per la somministrazione di alimenti e bevande.

 

L’eccezione virtuosa rappresentata dalla città adriatica è rafforzata dal confronto con le altre realtà. Perché, spiega la CNA, “nella quasi totalità dei comuni presi a riferimento alle imprese artigiane non è consentita la vendita di prodotti altrui che risultino strumentali all’esercizio dell’attività. Un dato che dimostra in modo inequivocabile come, su questo punto, la legge quadro sull’artigianato sia stata sostanzialmente ignorata”. A Pescara, insomma, è risparmiata alle piccole attività artigiane l’imponente mole di adempimenti richiesti altrove per consentire il consumo sul posto.

 

Di cosa si stia parlando, dal punto di vista quantitativo, lo confermano i numeri a corredo della ricerca: sono quasi 120mila le imprese interessate in Italia, con circa 400mila addetti, di cui oltre 71mila tra pizzerie, rosticcerie, friggitorie, birrerie; circa 13mila tra gelaterie e pasticcerie; più di 33mila tra laboratori adibiti alla produzione di prodotti da forno e farinacei.

 

“Il risultato conseguito – commenta il direttore provinciale della CNA, Carmine Salce – è frutto di un importante lavoro di concertazione realizzato negli anni passati con l’amministrazione comunale. Un metodo, fondato sull’ascolto delle esigenze delle categorie interessate che ci ha permesso di raggiungere un risultato importante, a vantaggio di imprese e consumatori”.

 

 

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