Acqua del Gran Sasso, gli ambientalisti scoprono altri casi di contaminazione

La lista dei contaminanti trovati nelle acque destinate al consumo umano provenienti dal Gran Sasso si allunga con il metilclicloesano, trovato a quanto pare nel 2015, e con il di-tert-butilperossido, trovato nel 2017. A sottolinearlo grazie ad accessi agli atti sono le associazioni ambientaliste del Forum Abruzzese per l’Acqua del Gran Sasso.

“Si aggiungono a toluene, xilene, diclorometano, trimetilbenzene, cloroformio di cui avevamo dato notizia precedentemente. Con ogni probabilità senza questa azione i documenti sarebbero rimasti nei cassetti, alla faccia della trasparenza e degli obblighi alla comunicazione pro-attiva in materia ambientale”.

“Il primo caso di contaminazione riguarda il metilcicloesano che l’I.S.S. nella sua nota del 09/03/2016 (in risposta, da quanto si può capire, ad una nota del 29/10/2015; pertanto la contaminazione dovrebbe essere stata accertata nel 2015) definisce “nocivo per inalazione e contatto con la pelle” e da maneggiare “con cautela”. È un idrocarburo usato di solito come solvente ed è presente anche nei carburanti. Nella nota non si fa riferimento alle concentrazioni rilevate ma si chiedono diversi provvedimenti “in relazione alla possibile intrusione di contaminazioni e sversamenti accidentali”, anche per identificarne l’origine. In particolare la nota (sottolineiamo, del marzo 2016!) si chiude con la raccomandazione di implementare un Piano di Sicurezza delle Acque per il Gran Sasso ‘in considerazione della possibilità di eventi pericolosi'”.

E ancora: “Il secondo caso è più recente e riguarda il di-tert-butilperossido che, secondo quanto riporta la nota dell’I.S.S. del 18/01/2018, sarebbe stato riscontrato in diversi campioni di acqua proveniente dal Gran Sasso (sbarramento sinistra, 0,2 microgrammi/litro il 22/05/2017; Civitella del Tronto, 0,1 microgrammi/litro il 30/05/2017; mescolanza sbarramento dx e sin, 0,06 microgrammi/litro il 31/05/2017). In questo caso l’I.S.S. conclude da un lato che, pur “in assenza di adeguati dati tossicologici”, per le caratteristiche della sostanza e ai livelli riscontrati, la sua presenza “non solleva problemi di ordine tossicologico” ma dall’altro che “segnala una contaminazione di origine antropica della risorsa idrica che merita ulteriore considerazione nell’ambito di una estensiva analisi di rischio per la filiera idropotabile, considerata la vulnerabilità del sistema”.

Concludono le associazioni ambientaliste: “Da un anno abbiamo ribadito la necessità di dare accesso tramite i siti web a tutta la documentazione che riguarda il Gran Sasso per migliorare la conoscenza del sistema e garantire il diritto all’informazione dei cittadini. Appelli che sono in larga parte caduti nel vuoto. Serve la pubblicazione di tutti i referti delle analisi dell’acqua disponibili dal venti anni a questa parte (per dire, quando ci fu il caso di Bussi, ovviamente con tutte le dovute differenze tra i casi, analizzammo tutti i referti delle analisi delle acque disponibili per il periodo 1992-2007, trovando molte informazioni importanti, poi usate anche in sede processuale), i vari pareri, i progetti ecc. sia per l’aquilano che per il teramano. Invece dobbiamo ricorrere agli accessi agli atti che in alcuni casi, ne daremo presto informazione, a nostro avviso stanno assumendo i toni del grottesco e del ridicolo su una vicenda gravissima che riguarda 700.000 persone che bevono l’acqua del Gran Sasso”.

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