Terrorismo Nero in Abruzzo: il capo non risponde, gli altri respingono le accuse e Pandolfina: ‘è colpa di facebook’

Pescara. Sono arrivati al Tribunale di Pescara questa mattina presto: Stefano Manni, ex sottufficiale dei carabinieri, 48enne originario di Ascoli Piceno ma residente a Montesilvano, e Franco Montanaro, residente a Roccamorice (Pescara), per essere interrogati per rogatoria dal gip Nicola Colantonio. Soltanto più tardi è stato interrogato Emanuele Pandolfina, palermitano residente a Pescara. L’uomo avrebbe avuto un malore in carcere ed è stato quindi portato all’ospedale per un controllo. I tre sono stati arrestati due giorni fa nell’ambito del blitz dei carabinieri del Ros contro il terrorismo neofascista.

Manni è considerato il capo indiscusso del gruppo eversivo “Avanguardia Ordinovista” che stava progettando omicidi, stragi di extracomunitari, rapine per arrivare al sovvertimento dello Stato che l’ideologo dell’organizzazione, il 93enne Rutilio Sermonti (indagato), definiva “fantoccio”. I tre sono stati arrestati insieme ad altre 11 persone nell’ambito dell’operazione “Aquila nera”, portata a termine due giorni fa dal Ros dopo un lavoro certosino fatto di intercettazioni varie ma soprattutto per l’apporto decisivo di due appartenenti al Reparto operativo speciale dei carabinieri che erano riusciti ad infiltrarsi nel sodalizio di estrema destra. Le ordinanze di custodia cautelare (11 in carcere e tre ai domiciliari) sono state emesse dal gip del tribunale dell’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo.

Ha respinto tutte le accuse Franco Montanaro. “Il mio assistito – ha detto l’avvocato Gabriele Torello, al termine dell’interrogatorio di garanzia – ha respinto le accuse. Non posso dire altro”
Si e’ avvalso della facoltà di non rispondere Stefano Manni, ex sottufficiale dei carabinieri, 48enne originario di Ascoli Piceno ma residente a Montesilvano, considerato il capo indiscusso del gruppo eversivo “Avanguardia Ordinovista” . Manni, che dal 22 dicembre è rinchiuso nel carcere di Pescara, ha preferito non rispondere alle domande del gip del capoluogo adriatico, Nicola Colantonio. Il legale di Manni, l’avvocato Nicola Montani, non ha rilasciato dichiarazioni alla stampa.

. Presenti oggi al tribunale di Pescara anche il pm titolare dell’inchiesta, Antonietta Picardi, e i carabinieri del Ros. Manni vanta un legame di parentela con Gianni Nardi che negli anni Settanta fu tra i maggiori esponenti di Ordine Nuovo. Nel mirino degli indagati, che avevano in animo anche di entrare in politica con un proprio partito, c’erano esponenti politici, soprattutto quelli senza scorta, magistrati, attentati tramite ordigni in prefetture, questure, sedi di Equitalia ma anche metropolitane delle principali citta’ italiane. Nella strategia del gruppo clandestino, particolarmente xenofobo, anche quella di far saltare in aria il mercato multietnico di Pescara, attiguo alla stazione centrale e attuare una strage di extracomunitari che risiedono in gruppi numerosi in alcuni stabili del capoluogo adriatico.

“E’ tutta colpa di Facebook. Ho avuto la dabbenaggine di seguire i post pubblicati. Essendo di destra, ho apprezzato i pensieri ma non ho aderito alle azioni. Facebook è la rovina della gente”. Si è difeso cosi’ Emanuele Pandolfina, palermitano residente a Pescara, arrestato due giorni fa nell’ambito dell’operazione “Aquila nera”. L’uomo, difeso dall’avvocato Antonio Di Blasio, ha risposto alle domande del gip di Pescara. Nicola Colantonio, e del pm titolare dell’inchiesta, Antonietta Picardi. “Il mio assistito – ha detto ai cronisti l’avvocato Di Blasio – ha chiarito la sua posizione spiegando di non aver aderito a ipotesi sovversive. Pandolfina- ha aggiunto – ha spiegato di aver letto i post su Facebook e di averli apprezzati, essendo di destra. Ha detto di averlo fatto senza pensare a cosa potesse esserci dietro alle idee che venivano prospettate. Conosce solo quattro o cinque indagati e si sono incontrati occasionalmente qualche volta” . Pandolfina ha anche sostenuto di essere una persona tranquilla e pacifica, di non essersi reso conto del carattere violento del gruppo e di non aver mai pensato di mettere in pratica gli atti violenti di cui si parla nell’ordinanza. Pandolfina, secondo gli inquirenti, stava organizzando un furto di armi ai danni di un privato, ” ho detto – ha riferito l’indagato al gip -che conoscevo un privato proprietario di alcune armi da caccia e che si poteva andare a prenderle, ma non sapevo cosa dovevano farci”. L’avvocato Di Blasio ha annunciato di aver chiesto gli arresti domiciliari per il suo assistito. Intanto, ieri anche Marina Pellati, convivente di Manni, si è avvalsa della facolta’ di non rispondere.

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