Una nuova inchiesta sul terremoto scuote L’Aquila: truffa da oltre due milioni di euro

L’Aquila. Ancora una inchiesta a L’Aquila su presunti abusi nella percezione di finanziamenti elargiti per il post sisma del sei aprile 2009. Questa volta si parla di una truffa per quasi 2 milioni e 300 mila euro.

In esecuzione di un provvedimento emesso dal gip del Tribunale Marco Billi, su richiesta della Procura della Repubblica, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria del capoluogo hanno posto sotto sequestro un immobile commerciale ubicato nella frazione di Bazzano, sulla statale 17. Il provvedimento giunge a conclusione di indagini delle Fiamme Gialle, coordinate dal Procuratore della Repubblica Fausto Cardella e dal pm Stefano Gallo che hanno scoperto la presunta truffa per conseguire indebitamente fondi comunitari destinati al ripristino delle attività produttive nella zona del cratere. I fondi indebitamente conseguiti ammontano, come accennato, a quasi 2 milioni e 300 mila euro. Per tale ragione è indagato un 63enne dell’Aquila (O.P.) imprenditore proprietario, attraverso una sua impresa, dell’immobile sequestrato. Deve rispondere di truffa ai danni dello Stato. Con lui, risponde di concorso nello stesso reato un 60enne di Pescara (F.B.) per aver redatto una perizia rivelatasi infedele. Il provvedimento ablativo, è nella forma tecnicamente definita “per equivalente”, cioè fino a concorrenza del danno procurato ed è finalizzato alla confisca.

L’imprenditore, per accedere ai contributi, aveva falsamente attestato alla Regione Abruzzo di aver fatto ripartire l’impresa entro il termine previsto dalla normativa e cioè il 31 dicembre 2010. In realtà la documentazione che avrebbe dovuto attestare questo adempimento, necessario per conseguire il saldo dei finanziamenti pubblici accordati, non sarebbe riferibile all’attività d’impresa per la quale esso era stato richiesto, locazione di immobili commerciali. Tale attività, in effetti, secondo le indagini, non è stata riattivata nei termini previsti, bensì oltre due anni dopo quanto attestato dall’indagato. Questi, per ingannare l’Ente erogatore, aveva presentato documenti fiscali riferibili ad un’altra sua attività. Inoltre, per dimostrare di aver ripristinato/incrementato i propri livelli occupazionali, ulteriore requisito richiesto dal bando, avrebbe utilizzato l’espediente di indicare alla Regione l’assunzione di un lavoratore, anche in questo caso, riguardante una diversa attività rispetto a quella per la quale erano stati concessi i fondi comunitari.

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