Fermo pesca, Mamolab: l’immagine della profonda crisi del settore

Ultima settimana di pesca. Mancano solo 4 giorni di lavoro per le imprese di pesca operanti tra San Benedetto del Tronto e Termoli.

 

Dal 26 agosto 2017 si fermeranno fino all’8 ottobre. Sei settimane di fermo obbligatorio, di cui quattro forse retribuite. Si, forse; perché se in passato all’obbligo dell’arresto dell’attività lavorativa era previsto un indennizzo per le imprese e una cassa integrazione per i marinai padri di famiglia, oggi invece l’indennizzo ha lasciato posto ad un possibile premio da conseguire in stile “terno a lotto” in un sistema “a gara” con spade di Damocle pendenti e retribuzione “a pagherò” forse e non si sa quando, forse tra due anni (come sta succedendo per il fermo 2015) sempre se tu nel frattempo non abbia pescato accidentalmente 2 casse di merluzzi da 18 centimetri anziché 20 o un pesce spada in tempi sbagliati. Poco importa se l’indennizzo è relativo al 2015 quando comunque l’impresa è stata costretta a fermarsi e le famiglie ad indebitarsi per autofinanziarsi. La cassa integrazione è sparita, lasciando posto ad un indennizzo di 30 € lordi al giorno, senza una espressa previsione sugli oneri contributivi, senza un preciso meccanismo di erogazione.

E nel frattempo?
Nel frattempo, oggi 18 agosto 2017 tali imprese di pesca sono costrette a fermarsi nonostante non sia stato pagato il fermo pesca 2015! nonostante le roboanti “annunciazioni – annunciazioni ” giunte da Roma nella risolutiva riunione del 07 luglio 2017 e proclamate da rappresentanti di categoria vicini al palazzo ma lontani dalla realtà.
Forse solo circa 100 imprese di pesca sulle 1269 ammesse nella graduatoria parziale dei soggetti ammessi all’aiuto vedranno accreditarsi l’indennizzo, identificate con un dubbio criterio; per le altre nessuna informazione in merito.

Ancora una volta il fermo inizia in un contesto in cui il nostro mare è privo di pesce! Le imprese non riescono più a fare reddito e purtroppo l’equazione “meno pesce maggior prezzo” nella pesca in Italia non vale! Perché mentre alle imprese di pesca italiane vengono sempre più ridotte sia le giornate che le zone di pesca alle imprese della Croazia viene consentito di pescare anche il sabato e la domenica, dandogli così la possibilità di rifornire i mercati italiani già dal lunedì mattina quando i motopescherecci italiani prendono i largo con i mercati già sazi.

Basso Cannarsa, presidente di MA.MOL.AB, la Rete di imprese di pesca del Medio Adriatico, invita tutti ad essere consapevoli che siamo dinanzi ad un’attiva di pesca NON sostenibile che non tiene conto dei cicli riproduttivi della maggior parte delle specie ittiche, che pregiudica pesantemente la capacità delle imprese di fare reddito, si è ormai stanchi nel suggerire un fermo diverso.

Ma il fattore negativo più grande e preoccupante è che il fermo pesca 2017 sta per iniziare in una situazione di sconforto e rassegnazione generale tra armatori e pescatori che sono in uno stato di sfinimento perché si vedono privare di ogni diritto acquisito senza nessuno spiraglio positivo per il futuro.

E’ triste constatare che molti armatori ormai confidano nella demolizione della propria imbarcazione come “un sogno”, ma anche in tal caso con le domande presentate oltre due anni fa, dell’arresto definitivo nessuna novità nonostante le indicazioni della Comunità Europea che invitavano lo stato membro ad attuarle entro il 2017. Molti armatori non sanno dunque se approfittare del fermo 2017 per ammodernare la propria imbarcazione oppure no, ciò rappresenta un danno economico non da poco per l’impresa.

Le associazioni di armatori locali registrano tra i propri soci un clima di rassegnazione, sconforto e anche irritazione per questa situazione non facile in cui ci si trova perché oggi un pescatore che svolge la sua attività in modo regolare non è comunque tranquillo nel suo lavoro. Il ruolo di tali associazioni è importante perché occorre riflettere insieme su come affrontare i tanti problemi in modo deciso, congiunto e costruttivo, anche mediante azioni di protesta per esprimere il proprio dissenso allo stato attuale della pesca in Italia da attuare sempre in modo pacifico e nel rispetto delle regole, anche placando l’ira di qualche pescatore che sentendosi nel giusto e perseguitato possa sbagliare e reagire con violenza a delle azioni che subisce nel corso della propria attività.

In conclusione, gli armatori si accingono a fermarsi per il terzo anno consecutivo senza veder nessun soldo né per i marittimi né per le imprese. Tale situazione è davvero insostenibile e si è consapevoli del fatto che occorre cambiare sistema di gestione per la tutela della risorsa biologica marina e della salvaguardia degli stock ittici. I produttori della pesca si rendono pienamente disponibili a collaborare con gli organi competenti per lavorare, insieme alla ricerca scientifica, un sistema che non si basi più sul sostentamento economico della Comunità Europea che si è consapevoli non sia più sostenibile, ma su una gestione diversa che garantisca il ripopolamento delle specie e la salvaguardia delle imprese.

Impostazioni privacy