Crac Di Mario, sequestri da 300milioni anche nel teramano e nel pescarese

Il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma ha sequestrato 165 immobili, riconducibili a 25 persone fisiche, tutte già rinviate a giudizio in ordine a reati di bancarotta fraudolenta e preferenziale, a vario titolo collegate al gruppo societario riferibile all’imprenditore pometino Raffaele Di Mario.

Il costruttore, che nel 2004 comprò per 34 milioni di euro «Palazzo don Sturzo» all’Eur, per 40 anni storica sede del partito della Democrazia Cristiana, venne arrestato nell’aprile del 2011 per un crac di 52 milioni di euro, relativo ad una sola società della holding (la Dimafin), dal quale, a cascata, si generò un vorticoso e pressoché immediato effetto domino sulle restanti 10 società tutte dichiarate fallite dal Tribunale fallimentare di Roma, pochi giorni dopo l’arresto.

Dalle indagini emerse che tre banche di interesse nazionale (Tercas, Unicredit e Italease)  e una società di factoring, con la complicità degli esponenti del Gruppo imprenditoriale poi fallito, avrebbero sottratto risorse destinate al pagamento dell’IVA per soddisfare propri crediti, altrimenti difficilmente recuperabili.

Il meccanismo escogitato era basato sulla previsione che il Gruppo imprenditoriale, sull’orlo del fallimento, avrebbe conferito l’attivo – consistente in immobili e beni – in un fondo immobiliare di una società di gestione, al fine di continuare a ricevere finanziamenti dalle banche, che in questo caso li avrebbero concessi in favore della nuova SGR e non più al Gruppo noto ormai come «cattivo debitore».

L’IVA dovuta dalla SGR, per oltre 31,6 milioni di euro, generata in conseguenza della cessione degli immobili al fondo, invece di arrivare nelle casse dell’Erario, venne artificiosamente dirottata, sempre secondo le indagini, verso le banche, ritenute dalla procura di Roma perfettamente consapevoli dello stato di decozione finanziaria in cui versava il Gruppo, che in questo modo hanno ripianato precedenti esposizioni debitorie del Gruppo.

Alla luce del delineato quadro accusatorio, il gup del Tribunale di Roma ha emesso il provvedimento di sequestro conservativo di beni rientranti nella disponibilità degli imputati, a vario titolo ritenuti responsabili del dissesto finanziario che ha coinvolto le società collegate tra loro, fino alla concorrenza del danno patrimoniale cagionato pari ad oltre 322 milioni di euro, a fronte dell’ammontare del passivo fallimentare complessivamente quantificato in oltre 250 milioni di euro.

Le operazioni di sequestro riguardano ville, appartamenti e locali commerciali ubicati nelle province di: Roma, Milano, Torino, Venezia, Verona, Isernia, Imperia, Livorno, Lucca, Perugia, Teramo, Reggio Emilia, Lecco, Modena, Rimini, Parma, Pescara, Massa Carrara, Lodi, Novara, Savona, Aosta e Pavia.

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