Abruzzo, Febbo su società partecipate: ‘Non capisco soddisfazione Direttore Generale’

Pescara. Il Consigliere regionale di Forza Italia Mauro Febbo interviene sul tema delle partecipate con la seguente nota:

“Il Direttore Generale della Regione Abruzzo esprime grande soddisfazione, per l’approvazione del piano di razionalizzazione delle società partecipate predisposto dalla Regione Abruzzo nell’anno 2015 ma leggendo attentamente la relazione faccio davvero fatica a capire su quali basi si fondi tale l’entusiasmo”.

E’ quanto dichiara il Presidente della Commissione di Vigilanza, Mauro Febbo che sottolinea come la Corte dei Conti “sembra piuttosto bacchettare la Regione Abruzzo su vari aspetti.

In particolare – scrive l’Organo di controllo – l’esame delle decisioni di policy societaria contenute nei piani di razionalizzazione mette in luce difficoltà di realizzare l’obiettivo di contenimento numerico dei soggetti partecipati perseguito dal legislatore.

Ciò in quanto la distribuzione estremamente polverizzata delle partecipazioni tra gli enti territoriali non consente ampi spazi di razionalizzazione del perimetro societario, essendo la maggior parte delle quote partecipative riferibili a soggetti che svolgono servizi pubblici locali.

Inoltre escludendo le partecipazioni per le quali la fase di dismissione era già stata avviata al momento dell’adozione dei piani redatti nel 2015 e nel 2016 (complessivamente 202 partecipazioni, pari al 20% del totale di quelle censite), le decisioni di dismissione- soppressione – eliminazione – aggregazione che effettivamente si traducono in un contenimento del portafoglio di partecipazioni sono complessivamente solo 111, attestandosi quindi ad un livello basso rispetto al totale (10,7%).

Quindi non mi sembra che questo sia un complimento ma piuttosto una critica. Un altro punto sconcertante – rimarca Febbo – segnalato dalla Corte dei Conti è il fatto che venga quasi integralmente trascurato nei piani di razionalizzazione e nelle correlate relazioni tecniche l’aspetto della stima dei risparmi attesi per effetto delle misure programmate: per questo non appare possibile quantificare la riduzione complessiva di spesa conseguibile attraverso il processo di razionalizzazione.

Molto limitate sono, inoltre, le misure attuate in tema di riduzione dei costi operativi. Anche qui insomma siamo ancora a “carissimo”. Inoltre sul piano generale l’indagine ha messo in evidenza anche la difficoltà a concepire i piani di razionalizzazione previsti dal comma 612 della legge n. 190 del 2014, come veri e propri piani operativi, implicanti una completa ricognizione delle partecipazioni, la disamina dei costi di funzionamento delle società partecipate, l’accurata motivazione delle scelte enunciate, la puntuale definizione dei tempi di attuazione, l’individuazione dei risparmi attesi.

I documenti mostrano carenze rispetto alle motivazioni della scelta di mantenere la partecipazione, spesso limitate all’enunciazione dell’attività che costituisce l’oggetto sociale del soggetto partecipato o facenti ricorso ad espressioni sintetiche e non argomentate circa il requisito dell’indispensabilità rispetto alle finalità istituzionali dell’ente.

Infine – conclude Febbo – altre considerazioni critiche riguardano i tempi di attuazione dei piani, molto spesso indefiniti, i risparmi conseguibili per effetto delle azioni di contenimento dei costi, generalmente trascurati. Pertanto non si capisce davvero come possa la dottoressa Gerardis dichiarare che la Regione potrà proseguire sulla strada tracciata, valorizzando le informazioni risultanti dal referto della Corte dei Conti.

Piuttosto direi che bisognerà tenere necessariamente conto delle numerose criticità segnalate se si vorrà davvero ottenere dei risultati concreti.

Si impegni piuttosto ad accelerare i processi di razionalizzazione tanto annunciati ma mai intrapresi (vedi i Centri di ricerca regionali), facendo attenzione a non ripetere gli errori macroscopici commessi ad esempio con la nascita di Tua che ha prodotto meno servizi per i cittadini e tanto malessere per il personale dipendente.

A oggi c’è ben poco da gioire, anzi ci sarebbe da preoccuparsi.”

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