Emergenza post-alluvione, arriva la “tassa sulla disgrazia”.

Ginoble_Legni_PaolucciPescara. Non basta il terremoto, non basta il deficit dei conti sanitari, non basta il Piano di rientro. Disgrazia ha voluto anche le alluvioni della prima settimana di marzo a martoriare il teramano e con esso l’intero Abruzzo. Una ricostruzione generale che il Governo ha deciso, con il Millepropoghe, di far finanziare alle stesse Regioni colpite con l’aumento di tasse locali e del costo del carburante. Ma i deputati Legnini e Ginoble (Pd) non ci stanno ad una “tassa sulla disgrazia” e presentano una mozione per una interpretazione della legge a misura abruzzese.

Un biennio nero, quello abruzzese. Partito con il sisma del 6 aprile 2009, proseguendo con un Piano di rientro dai costi epocali in termini (massimi) di aumento Irpef, Ires e Irap, ancora con un deficit sanitario da centinaia di milioni e infine, l’ultima mazzata, l’alluvione che dall’1 al 6 marzo scorso ha dilaniato l’intero territorio teramamo. Vero, sott’acqua e fango ci sono finite anche le provincie di Pesaro e Urbino, Ancona, Macerata, Fermo e Ascoli, ma queste con l’Abruzzo non hanno condiviso anche la disgrazia aquilana, oltre che il generale buco nei conti. Secondo il Pd, la prima stima dei danni fatta dalla Regione parla di 40 milioni di danni alle sole arterie viarie e più di 100milioni per danni a infrastrutture private e pubbliche, non contando le colture agricole. Danni che la “sveltina”, come la definiscono Ginoble e Legnini, con la quale il governo, nella conversione in legge del decreto Milleproroghe, ha modificato alcuni commi della legge 225 in materia di disposizioni di Protezione Civile, vuole “far pagare agli stessi cittadini colpiti dalla disgrazia”.

A coniare il termine è il senatore Giovanni Legnini: “Per la prima volta nella storia introducono una anticostituzionale legge sulla disgrazia”. Quelli in discussione sono il comma 2 e il comma 5, nei quali si dice che il presidente di una regione colpita da calamità naturale per la quale sia stato dichiarato lo stato di emergenza, qualora il bilancio regionale sia insufficiente a coprire le spese per gli interventi di primaria importanza, può aumentare fino al massimo per legge le imposte regionali e l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione fino a 5 centesimi al litro. Se ciò non bastasse, la Regione potrebbe ricorrere al Fondo per la Protezione Civile; qualora, venga utilizzato il fondo di riserva per le spese impreviste, la reintegrazione di questo deve avvenire, ancora, tramite l’aumento dell’accisa su benzina, benzina senza piombo e gasolio usato come carburante fino a 5 centestimi/litro, che attualmente si attestano rispettivamente sulle 564 euro e 423 euro per mille litri. Ma basta affacciarsi dal benzinaio di fiducia per vedere quanto costa il pieno, a causa delle precedenti crisi abruzzesi.

Per queste ragioni, Ginoble e Legnini, presenteranno una mozione al Parlamento per richiedere una “interpretazione della norma specificatamente per l’Abruzzo, già tassato a livello massimo, quindi non applicabile nella nostra regione”.

“Se il Parlamento condividerà la nostra impostazione dovrà stanziare immediatamente le risorse per l’emergenza e per la ricostruzione, altrimenti speriamo cambino questa legge, nuova e mai applicata, quindi mancante di un collaudo nell’applicazione, di fronte alla eccezionale situazione abruzzese”, commenta Legnini. “E’ una legge che colpisce soprattutto le regioni più piccole, che d’ora in avanti saranno costrette a subire, oltre ai danni della calamità, anche i costi che gravano per le stesse cause”, conclude Ginoble”.

Daniele Galli


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