Morte Orsetta Morena: ancora dubbi sulle procedure attuate

L’Aquila. “Come è noto l’Orsetta Morena, trovata lo scorso anno nel Parco d’Abruzzo abbandonata dalla madre per ragioni mai ben chiarite, era stata nutrita e poi rilasciata prima della stagione invernale, gabellando l’operazione come un grande successo dell’Ente. E invece si trattava dell’ennesima dimostrazione di inadeguatezza, perché i cuccioli di orso hanno assoluto bisogno delle cure materne (in linguaggio tecnico ‘cure parentali’) per almeno un paio d’anni, prima di poter condurre vita autonoma, dopo aver appreso a evitare pericoli, a muoversi bene su un territorio ben noto, a difendersi e soprattutto a ricercare il cibo adatto, in una dieta stagionale variata, onnivora e protesa alla ricerca delle più diverse e nutrienti (spesso disperse su vasti territori) risorse alimentari”.

Lo ha dichiarato il Comitato Parchi, precisando che “quello che più stupisce e sconforta è che i goffi interventi dei cosiddetti “salvatori” (mal travestiti da orso, ma forse convinti che alimentandola in questo modo l’orsetta non percepisse l’odore umano, né udisse le voci), e le comode strategie di monitoraggio (munendo il plantigrado di un collare teletrasmittente, ma senza seguire la situazione da vicino, giorno per giorno) abbiano realizzato una splendida operazione di soccorso, da pubblicizzare attraverso giornali e servizi televisivi. Non ascoltando gli avvertimenti di voci più competenti, e non rendendosi conto del fatto che stavano gioiosamente avviandosi, tutti in coro, verso il più imperdonabile e completo fallimento”.

Secondo il Comitato “Morena è stata infatti ritrovata smagrita, deceduta da parecchi giorni, senza più alcuna possibilità di soccorso. Non sembra arduo immaginarne le cause, e in effetti è subito circolata la voce che sia morta di fame, non certo ben seguita da qualcuno che, comprendendo la situazione, avrebbe potuto, con un estremo intervento, salvarla. Ma in realtà, va ripetuto ancora una volta che, non avendo ricevuto le cure parentali del secondo anno, l’orsetta non doveva essere lasciata a se stessa. Poteva invece essere salvata davvero, cercando di allevarla, se si fosse seguita la linea tracciata dalla Direzione storica del Parco, che stava tentando di avviare una sperimentazione di avanguardia con la riproduzione in cattività, per poi ricondizionare, con grande prudenza, i cuccioli del secondo o terzo anno alla vita selvatica autonoma. Seguendo questa via, la Cina è riuscita, in un periodo relativamente breve, quasi a raddoppiare il numero di individui del Panda. L’Italia invece, continuando a smantellare e a disintegrare il patrimonio di esperienze e conoscenze del Parco, riuscirà a perdere per sempre il più famoso, importante e amato animale della fauna europea. Amaro e diretto il commento unanime di molti osservatori: la tanto deprecata, diffamata e calunniata “vecchia gestione” del Parco si era trovata più volte (come tutti sanno, almeno in tre casi), in situazioni analoghe. Ma tutti gli orsacchiotti (Sandrino, Lauretta e Yoga) erano stati brillantemente salvati! Fa loro eco la voce di alcuni esperti osservatori italiani e stranieri: vent’anni fa il Parco aveva davvero intrapreso la strategia vincente per salvare l’Orso marsicano, come del resto aveva già fatto con successo con il Lupo appenninico e il Camoscio d’Abruzzo. Ma poi”.

“Un giorno qualcuno dei ‘sapientoni’ e dei ‘baroni’ del Palazzo dovrà spiegare perché mai la ‘sacra alleanza’ tra la politica più sordida, la burocrazia più ottusa e l’accademicismo più avido, con la miope connivenza di media asserviti, hanno voluto stroncare questa strategia vincente, affannandosi poi a cancellarne persino la memoria. Ma per il momento, della vera storia del Parco, resta ancora assolutamente proibito parlare”, conclude il Comitato.

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