Annunciata la fine del Quantitative Easing al termine: che succederà ai mutui?

Sono mesi duri per chi ha intenzione di acquistare una casa richiedendo un mutuo, perché l’instabilità politica e l’inevitabile, almeno apparentemente, cambiamento economico cui il nostro paese sembra destinato portano i potenziali compratori a temere per il futuro e, visto che un contratto di mutuo dura solitamente molti anni ad avere molti dubbi su come comportarsi e su quale tipo di finanziamento richiedere.

Certo non possiamo non sottolineare come i tassi attualmente applicati, sia su un mutuo a tasso fisso, sia su un mutuo a tasso variabile (scopri i vantaggi dei mutui a tasso variabile su calcoloratamutuo.org), siano decisamente vantaggiosi; basti pensare, ad esempio, che il rapporto di giugno dell’ABI – Associazione Bancaria Italiana – ha registrato un nuovo minimo storico, con una media di 1,83% per il mese di maggio, a fronte dell’1,84% di aprile e del 5,72% di fine 2007.

 

È anche vero, però, che è stata annunciata la fine del Quantitative Easing, l’operazione di politica monetaria straordinaria decisa nel 2015 dalla banche centrali dell’Unione Europea, con l’obiettivo di immettere liquidità attraverso l’acquisizione di titoli di Stato; questa operazione ha permesso di favorire l’accesso al credito alle famiglie dei paesi di riferimento e di tenere i tassi bassi, un toccasana per chi ha contrattato un mutuo a lungo termine nel decennio di crisi.

Nonostante Mario Draghi, Presidente della BCE, la Banca Centrale Europea, abbia rassicurato i risparmiatori sulla stabilità dei tassi, almeno fino all’estate/autunno del prossimo anno, il futuro non è roseo, soprattutto alla lunga distanza.

 

A rischio, dunque, dovrebbero essere i mutui a tasso variabile, e la corsa alla richiesta della Surroga cui si è assistito nel mese di maggio, per fissare i tassi dei mutui in essere, sembrerebbe dimostrarlo; eppure sembra che nell’immediato siano i tassi fissi a correre più rischi, in quanto al rialzo dello spread sembra essere più sensibile l’EurIRS, acronimo di Euro, Interest Rate Swap, che viene calcolato giornalmente e stabilisce il tasso di interesse medio cui riferirsi, a cui ogni istituto di credito aggiunge il suo personale guadagno, anch’esso, forse impropriamente chiamato spread, per calcolare i mutui a tasso fisso, sia l’EurIBOR, acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate, l’indice di riferimento su cui vengono calcolati i costi di un mutuo a tasso variabile.

 

Meglio fisso o variabile, quindi? Difficile rispondere, sinceramente, perché i costi connessi a un tasso variabile sono, oggi come oggi, decisamente irrisori e, quindi, molto appetibili. Se, viceversa, il progetto finanziario che si sta accarezzando ha una lunga durata, il consiglio è quello di rivolgersi subito al tasso fisso, perché, è molto probabile, quasi certo, che da qui a qualche anno i finanziamenti a tasso variabile diventeranno più dispendiosi.

Concludiamo rassicurando i nostri lettori che, anche si dovessero pentire della scelta fatta, qualsiasi essa sia, possono sempre ricorrere alla benedetta Surroga, che dà loro diritto di ricontrattare le condizione del mutuo senza spese aggiuntive e senza che la banca possa rifiutarsi di farlo.

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