Il campus universitario a Colleparco? Una ‘mattità’ secondo Teramo 3.0

teramo3.0_univTeramo. Il rilancio dell’Università teramana non passa dalla realizzazione del campus di Colleparco. Anzi, servirebbe ben altro. Lo sostiene con forza l’associazione “Teramo 3.0” che, dopo la giornata inaugurale di domenica scorsa, questa mattina ha voluto richiamare l’attenzione sul programma presentato dal candidato alla carica di Rettore, Luciano D’Amico.

L’unico, in realtà, a presentare la propria candidatura, in una corsa in solitaria che lo porterà dritto al voto del 16 gennaio. Ma, intanto, a fare della sana opposizione ci pensa appunto Teramo 3.0, che lancia una raccolta firme per il ritorno dell’Ateneo in città.

“Nel programma di D’Amico manca un’idea di sviluppo” commenta Giorgio Giannella. “Forse perchè l’obiettivo è arrivare ad un punto di rottura per poi chiamare in soccorso i privati e dire che non c’era altra scelta? È solo una supposizione, ma i punti oscuri sono tanti. Si lancia fumo negli occhi con la biblioteca aperta anche di notte, ma non si dice nulla sulle facoltà dislocate a Mosciano, Giulianova, Atri e addirittura Avezzano”.

giannella_franciaPer non parlare del polo di veterinaria, destinato forse a rimanere una cattedrale nel deserto “perchè mancherebbe i soldi per il trasloco dalla sede di via Molinari”.

Da qui la proposta lanciata dalla neonata associazione teramana.

“In città ci sono tante strutture che potrebbero essere recuperate. Si pensi solo all’ex ospedale psichiatrico”. Ma, in questo caso, cosa ne sarebbe dell’edificio di Coste Sant’Agostino? C’è una proposta anche per questo: “l’Istituto Zooprofilattico è alla ricerca di una nuova sede…”

Le idee, dunque, sono molto chiare. Non rimane altro da fare che parlarne. Obiettivo di questa raccolta firme, infatti, è soprattutto riaprire un dibattito sull’Ateneo, in grado di coinvolgere la città, che finora è stata esclusa da ogni decisione.

Resta, comunque, un grande punto interrogativo. “Possibile che nessun altro avesse altre proposte che lo spingessero a candidarsi come ha fatto D’Amico? E come mai un docente si tutta a capofitto nel salvataggio di una nave che sta affondando?” si chiede il presidente di Teramo 3.0, Christian Francia. “Il programma sviluppato dall’ex preside di Scienze della Comunicazione sembrerebbe più una somma di panni caldi che servono a salvare il malato da una influenza. Ma l’Università di Teramo è gravemente malata. Se si vuole rilanciare l’Ateneo, bisogna ripartire dallo studente e offrire servizi che sono incompatibili con Colleparco”.

Un po’ quello che tentano di dire le associazioni studentesche da tempo. Teramo non sarà mai una città universitaria se continuerà a trattare gli studenti come semplici portatori di denaro (tra l’altro a tempo determinato, considerato che sempre più preferiscono “volare verso altri lidi”), piuttosto che come “figli”. Da coccolare e ai quali offrire tutto ciò di cui hanno bisogno.

 

Marina Serra

 


 

 

 

 

 

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