Fallimento Cirsu, le opposizioni di Mosciano, Bellante e Giulianova: ‘i sindaci devono fare chiarezza’

Mosciano. Tanti dubbi e l’unica amara verità che a pagarne le conseguenze del fallimento del Cirsu potrebbero essere i cittadini dei comuni aderenti al Consorzio Rifiuti (Giulianova, Mosciano, Roseto, Bellante, Notaresco e Morro d’Oro).

Lo hanno spiegato i principali gruppi di opposizione dei tre comuni teramani (Maria Cristina Cianella-Mosciano Nostra; Pierluigi Filipponi-M5S Mosciano; Flaviana Pavan, Claudio Di Matteo, Emidio Di Sabatino, Giovanni Pompizii-Bellante Uniti si può; Margherita Trifoni-M5S Giulianova e Fabrizio Retko-capogruppo Linea Retta Giulianova) alla presenza di alcuni esponenti del centrodestra e della sinistra moscianese.

 

“Andare oltre le cordate di partito e chiarire cosa sia successo da febbraio (ordinanza della Corte dei Conti) al fallimento del Consorzio del 10 settembre”, dichiara in maniera decisa la consigliera di Bellante, Flaviana Pavan, da tempo insieme alla collega moscianese Cianella e al Movimento 5 Stelle,

I consiglieri presenti hanno ricordato che la “decisione del Tribunale di Teramo si basa, essenzialmente, sui seguenti elementi di fatto e diritto: “Cirsu non svolge direttamente l’attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti, tanto da aver costituito, nel percorso della sua storia, la società, pure fallita, prima misto pubblico-privata, poi interamente pubblica Sogesa Spa, assumendo, in tale modo, la qualità di mera società finanziaria. A seguito del fallimento di Sogesa e prima dello stesso, Cirsu Spa, senza alcuna procedura di evidenza pubblica, ha stipulato convenzioni parallele con privati (ad esempio con Deco Spa), Non c’è stata l’attuazione, da parte dei comuni soci, del controllo analogo: le amministrazioni controllanti (i sei Comuni), cioè, anche ma non solo per mezzo dell’assemblea dei soci, avrebbero dovuto godere (cosa che non è successa) di un effettivo potere di indirizzo, direzione e supervisione dell’attività del soggetto partecipato sull’insieme dei più importanti atti di gestione dello stesso. Il controllo, cioè, da parte dei Comuni, avrebbe dovuto essere preventivo (e così non è stato). Tale requisito (il controllo analogo), si legge in sentenza, difetta completamente nello statuto di Cirsu Spa. L’assegnazione a CSA per la costruzione e gestione della nuova discarica, si legge sempre nella decisione, è stata affidata al di fuori di ogni procedura ad evidenza pubblica e sulla base di un progetto generale redatto dai tecnici della società DECO per conto di Sogesa. Al 31.12.2013 emergono debiti per oltre 9.000.000,00, euro mentre al 31.12.2014 si registra un’inversione di tendenza, dovuta, pag.16 della statuizione, ad una rivalutazione immobiliare del patrimonio Cirsu, eseguita in deroga ai criteri di redazione del bilancio. Cirsu è incapace di adempiere (pag.13) alle proprie obbligazioni mediante strumenti ordinari, in particolare non può far fronte al pagamento della somma di € 2.250.000,00 che ha verso AIA per l’acquisizione, nell’anno 2011, del 49% (quota privata) di Sogesa. Ciò sulla scorta del fatto che Cirsu è società inattiva, con la precedente discarica ormai esaurita e la seconda (Grasciano 2) in fase di realizzazione ‘sicchè non vi è in realtà nulla da gestire’. In data 1.07.2011 è Cirsu a chiedere ad AIA la proposta di accordo transattivo di cui sopra. Da notare che, in base all’accordo, gli enti locali Cirsu sono garanti dell’adempimento in via solidale. E’ altrettanto noto che, secondo le ultime news delle testate giornalistiche, i Sindaci dei comuni soci siano propensi ad un reclamo presso la Corte di Appello de l’Aquila, oltre ad aver intrapreso la via politica della richiesta di ausilio all’Assessore all’Ambiente Mazzocca, nonché al Governatore della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso”.fallimento cirsu consiglieri 2

Dopo aver ricostruito la vicenda del Consorzio e tutte le azioni intraprese dai sindaci dopo il fallimenti i consiglieri hanno posto alcuni quesiti ai sei sindaci: “Come sia possibile che la Corte d’Appello si pronunci in senso contrario alla sentenza del Tribunale di Teramo, quando la stessa si è già pronunciata nel Febbraio 2015 per la fallibilità di Cirsu Spa, su reclamo proposto da Deco Spa, rinviando al Tribunale di Teramo perché avvenisse, come è avvenuta, la declaratoria di fallimento; In che modo, alla luce delle intenzioni espresse, per lo meno, sulle testate giornalistiche, oggi i Sindaci pensano di poter esercitare, in via preventiva, quel controllo analogo, cui erano tenuti per Legge, nella decisione di impugnazione della sentenza di fallimento; Con quali risorse finanziarie Cirsu sosterrà il costo di legali e consulenti per il reclamo, atteso che, nel solo anno 2015, sono stati conferiti incarichi legali per un monte complessivo pari ad € 276.408,00, mentre di natura tecnico-amministrativa pari ad € 85.290,00, il tutto per oltre  360.000,00 euro; Quale sarà la ricaduta economico-finanziaria dei Comuni, anche alla luce di nuovi principi di contabilità dello Stato, a seguito del fallimento della partecipata, anche sulla scorta del fatto che gli stessi hanno sottoscritto, in via solidale e come riportato in sentenza, l’accordo transattivo tra AIA e Cirsu del 2011 pari ad un indebitamento di 2.500.000 euro; Come si potrà procedere nella dimostrazione che Cirsu, asseritamente, potrebbe essere ancora società in bonis, alla luce del fatto che la patrimonializzazione del suo capitale è stata stilata in deroga ai principi di bilancio; Quali sono le poste di debito tra Cirsu Spa e CSA; Quali sono gli asseriti crediti tra Cirsu Spa ed Aia SPa, per i quali ad oggi non è stato saldato il debito di € 2.500.000,00 Come potrà la Regione Abruzzo prorogare le autorizzazioni ambientali al trattamento dei rifiuti se Cirsu Spa è stata dichiarata, come è stata dichiarata, fallita; Quale incidenza avrà il fallimento nelle bollette TARI dei Comuni soci; Che fine ha fatto il CDA, costato per l’indennità di Presidenza, nell’anno 2015, 21.227,00, euro avvezzo, fino alla dichiarazione di fallimento, a smentire, con apposite conferenze stampa, i dubbi posti, da sempre, dalle Minoranze di Mosciano e Bellante, sulle operazioni mano a mano effettuate, poi rivelatisi certezza, e ad oggi totalmente silente; Che fine faranno le azioni di responsabilità, dovute per Legge in casi come questo, nei confronti degli amministratori della partecipata, nonché nei confronti di chi ha omesso di controllare e/o vigilare quanto accadeva in Cirsu Spa e Sogesa Spa; Quale tipo di progetto si intende portare avanti, in tema di tutela dell’ambiente, per un sito già compromesso (quello di Casette di Grasciano), onde evitare e/o tamponare il fenomeno dello sversamento del percolato sul fiume Tordino, o addirittura, alla luce degli sbancamenti di terra già effettuati, un possibile crollo della discarica; Con quali parole i Sindaci intenderanno chiedere scusa, innanzitutto, ai lavoratori ex Sogesa, vittime prime ed immediate dell’operazione Cirsu-AIA ed a tutti i cittadini dei sei comuni soci, inconsapevoli del disastro economico, ambientale e lavorativo perpetrato, in loro danno, in località Casette di Grasciano”.

Dubbi vecchi e recenti quelli dei consiglieri moscianesi, bellantesi e giuliesi che hanno già sollevato o solleverano nei prossimi consigli comunali con la consapevolezza che “questa volta, non potranno non avere risposta”.

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