Teramo, i racconti delle donne del Rebibbia arrivano anche a Castrogno

L’esperienza di un laboratorio di libera scrittura, partendo dai fatti di cronaca, con le detenute nel carcere di Rebibbia raccontata in un libro dalle parole delle protagoniste.

La pubblicazione, “A mano libera. Donne tra prigioni e libertà” (Editrice Cooperativa Libera Stampa), a cura di due volontarie, Paola Ortensi e Tiziana Bartolini, direttore della storica rivista NoiDonne, è stata presentata a Teramo in un evento organizzato dal Centro di cultura delle donne Hannah Arendt, in collaborazione con l’Università.

La presentazione, avvenuta nel pomeriggio nell’aula consiliare del Rettorato (Campus Colleparco), è stata preceduta in mattinata da un incontro con due classi del Liceo Statale ‘Milli’ e da un incontro con le detenute del carcere di Teramo. Tema degli incontri e delle discussioni che ne sono seguite, ‘Soggetto donna: scrittura e altre arti. Stereotipi sessisti e la violenza di genere’.

Presenti Guendalina Di Sabatino, presidente del Centro Hannah Arendt; Luciano D’Amico, Rettore dell’Università di Teramo, la docente di criminologia dello stesso ateneo, Laura Di Filippo; Elisabetta Santolamazza, funzionaria giuridico-pedagogica del carcere della città. ‘A mano libera’ raccoglie gli scritti delle detenute che hanno elaborato e riflettuto, nel corso del laboratorio tenuto dalle due curatrici del libro in qualità di volontarie, sul concetto di libertà e, in particolare, di una nuova consapevolezza di genere che esprime anche degli insospettabili paradossi.

Nell’incontro in carcere, hanno partecipato circa una ventina di detenute. Molto attente al racconto dell’esperienza romana, ed anche molte di loro impegnate in opportunità di corsi e laboratori. Ne è nato un confronto in cui le donne hanno raccontato spontaneamente le proprie esperienze di vita, che spesso delinquono come frutto di relazioni sbagliate con i propri mariti e i propri padri. Grande sofferenza la lontananza dai figli. Storie in cui la differenza di genere ha il suo peso.

“Dalle storie che ho ascoltato – ha detto il Rettore D’Amico – emerge una forza incredibile. Siete forti – ha precisato rivolto alle detenute – e forse non l’avete scelta questa forza e di cui non vi rendete del tutto conto. Ma una volta fuori di qui dovrete esigere dagli altri il rispetto di cui avete diritto. Di questo dovete prendere coscienza, e per questo dovete volervi bene. Solo così anche gli altri vi vorranno bene”.

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