Valle Castellana, il libro che fa discutere: l’autrice replica al Dirigente Scolastico

Valle Castellana. Elisabetta Verdone, autrice del libro “Tra i ragazzi della valle dimenticata” che ha creato qualche malumore a Valle Castellana, ha deciso di rispondere alla lettera aperta della dirigente scolastica, Laura D’Ambrosio (Clicca e Leggi).

 

“Prima di tutto – scrive la Verdone – mi sento di doverla ringraziare per essere stata l’unica, in tutto questo assurdo polverone mediatico, a volersi sincerare del contenuto del libro impegnandosi a leggerlo per intero. Le dico questo dal momento che, nelle ultime ore, sono stata travolta da un’ondata di pesanti critiche sul piano personale, umano, professionale e morale. Tutto questo da parte di persone che, oltre a non conoscermi, non hanno nemmeno letto il libro e non hanno la minima idea del tenore e del contenuto reale del mio racconto. Mi rendo conto del suo ruolo e del fatto che si sia sentita in dovere di dare voce a questa ‘atmosfera incandescente’, ma, le assicuro che, qualora abbia la pazienza di leggerlo nella sua interezza e senza essere condizionata da pregiudizi, troverà molto più di quel ‘briciolo di humanitas’ di cui mi parlava. E’ stata proprio questa humanitas il filo conduttore di tutta la mia esperienza a Valle”.

L’autrice però parla anche di “un enorme fraintendimento”, infatti “del libro sono state estrapolate alcune frasi prese dalla presentazione e, nello specifico, alcune parole (‘indomabili’, ‘crudeli’ e ‘primordiali’). Prima di tutto si tratta di aggettivi inseriti in una premessa sinottica, in cui si inquadra la visione di partenza di una giovane insegnante che si è sentita inizialmente smarrita e disorientata di fronte a un ambiente apparentemente distante e non decifrabile. A ciò segue un percorso, lungo, sofferto, intenso e profondamente significativo, che sarebbe durato un intero anno scolastico. Un percorso di crescita personale e di avvicinamento progressivo alla Valle e ai suoi ragazzi che, non solo ha azzerato l’apparente distanza iniziale, ma, ha sancito un’esperienza umana e professionale particolarmente significativa. É stata questa la scintilla che mi ha fatto prendere carta e penna e ripercorrere, con un libro, gli episodi di un anno scolastico. È chiaro che, tali parole, così decontestualizzate, rischiano di essere lette con la lente deformata del risentimento, del sospetto, da parte di un orgoglio erroneamente ferito. Faccio notare che, quanti hanno scritto opere descrittive di ambienti scolastici di territori particolari (Don Milani in ‘Lettere ad una professoressa’, Leonardo Sciascia nelle ‘Parrocchie di Regalpietra’, ecc.) hanno compiuto riproduzioni altrettanto realistiche di una determinata realtà sociale, non per questo giudicandola o denigrandola. Lungi da me, ovviamente, paragonarmi a loro. Detto ciò non ho mai messo in dubbio la profondità umana dei ragazzi, e la significatività culturale della località in questione. Del resto, persino la critica, nelle due presentazioni del libro alla Fortezza da Basso di Firenze ed alla sala del Centro di studi Personalistici di Teramo, ha colto in positivo, lo specifico antropologico dell’ambiente e la ‘motivazione pedagogica dell’autrice’. Non comprendo (e me ne meraviglio) come anche molti insegnanti, cioè persone che possiedono competenze culturali e pedagogiche, siano rimasti risucchiati dal polverone del risentimento costruito, senza dubbio, da persone passionali, ignare dei problemi scolastici o pretestuosamente desiderose di creare un uragano emozionale del tutto infondato, e ripeto, quello che c’è di peggiore, arrivando ad offendere senza di fatto aver letto il libro!”.

La Verdone ribadisce che, “nel mio scritto, al di là del singolo aggettivo incriminato, ho messo in luce gli stessi temi e valori da lei elencati: la curiosità, spontanea e creativa dei ragazzi; la loro sensibilità verso un rapporto umano empatico e sincero; la predisposizione a recepire valori congeniali al loro ambiente sociale, immediatamente spendibili nella loro vita quotidiana, anziché saperi curricolari lontani dalla loro esperienza e sensibilità; l’impegno costante a ispirare e incoraggiare i ragazzi credendo profondamente nel loro potenziale. Nel libro, inoltre, viene messo in risalto che nelle classi a me affidate erano presenti anche ragazzi particolarmente dotati dal punto di vista cognitivo. Viene anche denunciata la scarsa credibilità di adulti che, benché responsabili, si sono dimostrati del tutto latitanti rispetto all’esperienza formativa dei ragazzi, come il preside dell’epoca che non metteva mai piede nella vallata, tranne rare eccezioni. Infine, stando sempre alla Costituzione repubblicana, da lei citata, a nessun cittadino è proibito di esprimere liberamente valutazioni relative ad una realtà sociale. Io ho raccontato quello che è stata la mia esperienza, senza citare nomi e luoghi, anche perché ‘la Valle’ rappresentata nel libro assume una dimensione simbolica e generica che potrebbe, potenzialmente, collocarsi in qualunque angolo d’Italia. È l’emblema di uno dei tanti territori ricchi di valori, storie e bellezze naturistiche, spesso sconosciuti ai più e non abbastanza valorizzati (da qui il concetto che ‘a Valle l’Italia non arriva’, frainteso e distorto sui social). La mia esperienza é assimilabile a quella di ogni insegnante che, ogni giorno, cerca di incarnare la sua professione, non rimanendo a galla, ma lasciandosi coinvolgere completamente. Mettendosi in gioco, in discussione, andando in crisi e affrontando entusiasmi e frustrazioni. Io mi sono portata a casa la mia valle e i suoi ragazzi ad ogni uscita di scuola e porto ancora con me i loro sguardi e i momenti vissuti insieme”.

“Al di là delle pesanti accuse personali e professionali, spero che lei possa capire come mai l’unica accusa che mi ha particolarmente ferita sia quella in cui si insinua che io abbia liquidato la Valle con superficialità, con distacco, perfino con disprezzo. Di non averle dato nemmeno una possibilità. Ebbene tutto questo è l’esatto contrario di quello che io racconto nelle mie pagine. Mi avrebbe fatto piacere, infine, che le critiche fossero state meno ‘superficiali, riduttive e surrettizie’, tanto per citare le sue parole. Al di là di tutto penso che ci si debba fermare un attimo a riflettere su come, sull’onda emotiva e sulla scia di risentimenti immotivati, senza la minima volontà critica di andare a fondo, si costruiscano falsi miti negativi, alimentando soltanto incomprensioni e ostilità. Per quanto riguarda l’invito, la ringrazio e sarò sempre felice di tornare a Valle, non ho bisogno, tuttavia, di tornarci per ‘trovare nuovi significati’. Quelli che mi portò dentro sono belli e sempre verdi”, conclude Elisabetta Verdone.

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