Stipendi e futuro incerto: presidio dei lavoratori dell’ATR in prefettura

Colonnella. Nuova mobilitazione dei lavoratori dell’ATR di Colonnella. Cinque stipendi arretrati, impegni non mantenuti dalla proprietà e un’enorme incertezza sul futuro. Queste le ragioni per cui domani, giovedì 11 giugno, dalle 10 alle 12, i dipendenti dell’azienda torneranno a manifestare in largo San Matteo, a Teramo.

 

Durante il presidio, alle 10,30, è previsto anche un incontro di una delegazione sindacale ed i segretari provinciali di FIM CISL, FIOM CGIL e UILM UIL, con il nuovo Prefetto di Teramo. Sarà l’occasione per illustrare, ancora una volta, la drammatica situazione in cui versano in 150 tra dipendenti ed ex dipendenti dell’azienda vibratiana.

 

Gli stipendi ancora da incassare, che rendono insostenibile la situazione economica di molte famiglie, continuano ad essere quelli di luglio e dicembre 2019 e gennaio, febbraio e marzo 2020. La cassa integrazione a copertura dell’ultima metà di marzo e di aprile, i cui pagamenti stanno arrivando solo da pochi giorni, a stento sufficiente per coprire le spese più urgenti.

 

“Il futuro di una realtà che ha rappresentato l’eccellenza industriale del territorio”,si legge in una nota delle organizzazioni sindacali, “che appare sempre più compromesso dalla gestione dell’attuale proprietario Antonio Di Murro: continuare a tenere completamente fermo lo stabilimento, come accade ormai da quattro mesi, significa decretarne la morte certa, e con essa la chiusura ed i licenziamenti. Preoccupazioni che si sommano ad una situazione complessiva già molto critica, che non offre alternative occupazionali e che rischia di rappresentare solo la prima di una lunga serie di crisi.

 

Non sono bastati, infatti, incontri con amministratori e politici del territorio (Presidente della Regione, Giunta regionale, parlamentari locali, Presidente della Provincia, sindaci), né incontri in azienda ed in sedi istituzionali (Prefettura ed Assessorato regionale al Lavoro). Così come non sono state sufficienti le tante mobilitazioni (tre settimane di sciopero e picchetto davanti la fabbrica, presidi, sit-in, comunicati, esposti e denunce)”.

 

 

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