Le vertenze Atr, Veco e Selta sul palco della manifestazione nazionale dei metalmeccanici

Sul palco della manifestazione romana sulle 100 vertenze in Italia finiscono anche i tre casi che riguardano, da vicino, il territorio abruzzese e della Val Vibrata in maniera particolare.

 

Ieri, in piazza del Popolo a Roma si è tenuta la manifestazione nazionale organizzata dalle sigle sindacali dei metalmeccanici (Fim, Fiom e Uilm) sulla necessità di “ripartire dalle 100 vertenze per l’industria e il lavoro”.

Alla manifestazione era presente anche una delegazione dei lavoratori legate ad alcune delle vertenze in provincia di Teramo che destano le maggiori preoccupazioni.

Sul palco è intervenuto uno dei delegati della Fim della Selta di Tortoreto.

L’INTERVENTO

 

Buongiorno, mi chiamo Albano Ferri e sono una RSU FIM della Selta di Tortoreto in provincia di Teramo. Venendo qui a Roma questa mattina presto, nel bus con i ragazzi che oggi, tutti insieme, vogliamo rappresentare il territorio Abruzzo e Molise nel quale operano le nostre aziende mi hanno detto: vai tu sul palco a parlare a nome di tutti perché se non altro tu hai la fortuna di essere in un’azienda che è tra quelle che il Ministero ha preso in considerazione, noi invece siamo ancora tra gli invisibili. Pensate come siamo messi. La mia azienda, la SELTA , per la quale lavoro da quando avevo 19 anni e che si occupa di tecnologia (facciamo apparati di telecomunicazioni fttcab, piattaforme di unified communication che in questo periodo di smart working va tanto di moda, ci occupiamo di cyber security e di trasporto energia su reti), in questo momento fa parte delle famose cento e più vertenze che sono al MISE e fortunatamente – in questo hanno ragione i miei compagni – la gestione dei commissari straordinari sta risollevando l’azienda che ha ricevuto in questi giorni importanti manifestazioni di interesse e presumibilmente in autunno potrà essere venduta ad altri imprenditori che ci auguriamo possano riportarla ai livelli che merita.

 

Così purtroppo non è avvenuto per la ATR di Colonnella, azienda di produzione di carbonio e materiale composito (anche qui parliamo di eccellenza tecnologica e produttiva) che da circa un anno è passata di mano e il nuovo imprenditore, in un anno ha già accumulato 5 mensilità non pagate e che da febbraio è completamente ferma rischiando di diventare l’ennesima cattedrale in un deserto. Nonostante le promesse del Presidente della Regione Abruzzo, ad oggi non si è riusciti ad avere nessuno spiraglio perché si trovi una soluzione, né dal M.I.S.E. si è avuto alcun riscontro alle richieste di interessamento e intanto 150 famiglie non percepiscono lo stipendio da 5 mesi.

 

Ancora peggiore, se possibile, la situazione della VECO di Martinsicuro, fonderia storica che occupa 50 dipendenti. Questa è addirittura fallita lo scorso mese di gennaio e solo a metà giugno sono arrivati i primi soldi della cassa integrazione. Nonostante il sito industriale abbia le carte in regola anche dal punto di vista ambientale per essere attivo e produrre fino al 2025, ad oggi mancano iniziative imprenditoriali per una ripartenza e forti sono le pressioni che si percepiscono affinché quell’area cambi vocazione e diventi oggetto di una speculazione edilizia. La sfortuna principale della VECO infatti è quella di insistere su un bellissimo litorale, quello di Martinsicuro, dove è sicuramente più facile costruire e vendere appartamenti che dare lavoro, sostegno e dignità a 50 famiglie del territorio. E anche per questa azienda non c’è ancora stata l’attivazione di un tavolo al Ministero dello Sviluppo Economico. Un cenno infine per i lavoratori della ex Honeywell ,settore automotive, ceduta alla Baomarc che ritarda la reindustrializzazione, ai quali la naspi è scaduta a giugno e dal prossimo mese di luglio ben 360 famiglie non avranno più una copertura economica. E anche qui l’incontro con la Regione e il MISE non ha portato ancora una soluzione mentre l’incontro chiesto da tempo al Ministero del Lavoro non è stato ancora accordato. Capite ora perché hanno mandato me a parlare su questo palco? Perchè la mia azienda non sta bene ma abbiamo una speranza, loro invece sono disperati.

 

E quando si è in queste condizioni, quando si è senza lavoro e senza stipendio e con la famiglia a carico e i figli da crescere e mandare a scuola, le alternative per “campare” non sono tante e non sono belle. Se si è giovani, con un alto grado di specializzazione, se si è skillati come si dice, si tenta di vendersi all’estero: si va in Germania ad esempio oppure in Canada. Ed ecco qui che si realizza uno dei capolavori italiani, una di quelle opere dove siamo veramente i più bravi, i campioni del mondo: creiamo professionalità, competenze, spesso eccellenze con i sacrifici di una generazione – quella dei genitori – e della parte buona del Paese, cioè quella che con il proprio lavoro e le giuste tasse contribuisce all’istruzione e alla crescita dei propri giovani e poi quando è tempo di raccoglierne i frutti regaliamo la pianta, perché qui da noi i frutti cadono a terra o marciscono sui rami e non siamo capaci di raccoglierli (e nutrirci, sfamarci). Ma del resto, se una gran parte della politica è ossessionata dal problema che “vengono col barcone a fregarci i posti di lavoro” come possiamo occuparci della vera emergenza di questo nostro Paese che non è l’immigrazione ma la fuga dei migliori cervelli per mancanza di lavoro e opportunità? Questo accade, come dicevo, se si è giovani e preparati, ma se non si è più giovani o se non si è laureati (o specializzati) questa alternativa non c’è e quelle che rimangono hanno il triste colore nero. Nero come il “lavoro nero”, senza diritti né dignità, sottopagati e sfruttati e senza alcun ritorno per la società.

 

Nero come profondamente nero è l’abisso dell’illegalità più subdola, quella che si nutre di queste situazioni, quella che mette a profitto la disperazione delle persone che non hanno più un lavoro, non hanno più lo stipendio, non sanno dove trovare i soldi per pagare l’affitto o la rata del mutuo e perdono purtroppo anche il rispetto per se stessi cedendo alle mafie. Oggi al MISE ci sono cento e più vertenze aperte, ma tra tre mesi, in autunno, saranno il doppio, il triplo, forse di più. Quando accadono le tragedie, come i terremoti – e noi veniamo da una terra , l’Abruzzo, che non è stata certo risparmiata – il grido che si ode è “fate presto!”. Ecco, lo stesso grido noi oggi rivolgiamo alla Politica: Fate Presto! Sblocchiamo in fretta le vertenze aperte perché ne verranno altre, ridiamo lavoro speranza e dignità alle persone, non regaliamo pezzi del Paese all’illegalità. Infine, concludo il mio intervento con un pensiero personale che sono sicuro sia anche il pensiero dei miei compagni di viaggio e di questa bellissima piazza. Ho iniziato ad occuparmi di sindacato appena 6 anni fa, prima pensavo di non averne bisogno. Capita un po’ come col medico: finché uno sta bene non ci va mai, poi quando ci si ammala si comprende che sarebbe stato meglio averlo frequentato prima. Tutto ciò per dirvi che sono entrato nel sindacato perché affascinato da un sindacalista, uno di quelli che quando lo ascoltavo riuscivo a capirlo perché usava un linguaggio chiaro, argomentato, senza retorica, moderno.

 

Una persona che agli slogan preferiva il discorso articolato, che allo scontro – ed è capacissimo di scontrarsi – preferiva il dialogo e la ricerca spasmodica dell’accordo; per dirlo nel suo linguaggio, un eccellente “problem solving”. Un uomo che oltre al cuore ci mette la faccia e la firma: Marco Bentivogli. Ora, le dimissioni di Marco Bentivogli dal sindacato sono un fatto personale e per quanto dolorosissimo da accettare per noi tutti (e noi tutti speriamo ci ripensi), fa parte del suo privato, della sua libera scelta e come tale va rispettata. Non sono invece fatti privati le minacce che Marco riceve da diversi anni, le ultime due giorni fa. Le minacce a Marco sono una ferita inferta a tutti noi, a tutti quelli che credono nel dialogo, nella democrazia, nella civiltà. Abbiamo già sconfitto questo virus in passato e lo faremo ancora, lo faremo stringendoci tutti attorno a Marco Bentivogli, perché tra chi vive alla luce del sole e lotta per dare ai lavoratori un futuro migliore e chi invece agisce nel buio delle fogne ed esce da quei posti solo per recapitare le buste con le pallottole, noi saremo sempre con i primi, noi sceglieremo sempre quelli come Marco

 

 

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