Covid, la rivolta dei medici teramani: “Basta attacchi gratuiti, vogliamo rispetto”

“Il lavoro dei medici di medicina generale, comprendendo tutti e tre i settori in cui operiamo – assistenza primaria, continuità assistenziale ed emergenza territoriale -, è stato stravolto dall’attuale emergenza epidemica, ma è proprio in momenti così difficili che si può aprire la strada del rinnovamento e di una maggiore efficienza dei servizi, lasciando da parte sterili ed inutili rivendicazioni da parte della nostra stessa categoria, ma anche e soprattutto accuse sommarie e generiche circa presunti comportamenti non consoni di alcuni colleghi. Accuse, queste ultime, che fanno male se si considera che i medici di base si trovano spesso allo sbaraglio e senza strumenti di protezione adeguati”. A dirlo la Fimmg Teramo. 

“Comprendiamo quanto i pazienti siano provati da questo momento storico e come sia difficile adattarsi ai cambiamenti, specie se imposti dall’oggi al domani. Tali cambiamenti sono però necessari, soprattutto per la tutela della salute pubblica. Gli ingressi contingentati, il potenziamento della telemedicina, i triage telefonici sono alcuni di questi. Un medico che si espone ad un contatto inutile e senza adeguate protezioni, e che poi si ammala, non solo toglie una unità dal territorio, ma si può trasformare in “untore”, con gravi conseguenze come peraltro fatti accaduti hanno dimostrato. La sicurezza dell’operatore è primaria. Ricordiamo che il maggior numero di morti per Covid si conta proprio tra le file dei medici di medicina generale. Pertanto eventuali accuse sollevate dagli utenti andrebbero circostanziate e comunicate agli operatori interessati, nelle sedi opportune, fornendo così la possibilità di dare le eventuali spiegazioni del caso, senza assistere ad una pericolosa inversione di un principio del diritto. Ricordiamocelo tutti: si è innocenti fino a prova contraria. Mandare messaggi a mezzo stampa e tv che facilmente si prestano ad interpretazioni distorte, danneggia non solo l’immagine di una intera categoria ma la sottopone a pesanti pressioni mediatiche esercitate da parte di chi ci vorrebbe unici responsabili delle grandi difficoltà della medicina del territorio”. 

E ancora: “Alla luce delle considerazioni espresse e tenendo conto del fatto, oggettivo, che nessuno dei medici di base si tira indietro di fronte alle proprie responsabilità, la Asl dovrebbe chiarire meglio i compiti dei vari operatori chiamati ad intervenire nei casi di emergenza. Ciò per evitare che si creino confusione e sovrapposizioni di ruoli e che, nei casi di cui stiamo parlando, i medici di base siano chiamati a lavorare senza adeguati mezzi di protezione. Facciamo appello ai cittadini di continuare a riporre la loro fiducia nella medicina del territorio, dal 118 ai medici di guardia e ai medici di famiglia, rassicurandoli che riceveranno sempre una risposta adeguata nei tempi e nei modi richiesti da ogni singolo caso. Ricordiamo tra l’altro che nella nostra Asl sono state istituite le USCA (unità speciali di continuità assistenziale) il cui compito principale è quello di recarsi, dietro segnalazione dei medici curanti, al domicilio dei malati Covid o sospetti tali, garantendo il massimo della sicurezza all’utenza e agli operatori. Questi medici sono in costante contatto con i medici di famiglia al fine di agire di concerto nella gestione domiciliare dei malati. L’assistenza è un percorso da fare assieme, senza reciproca collaborazione non si va avanti, e sarà ancora più difficile superare questo momento così impegnativo per operatori e cittadini”. 

A rincarare la dose ci pensa anche il dottor Ercole Core: “In qualità di presidente della cooperativa dei medici di famiglia di Teramo ed ex segretario provinciale della Fimmg Teramo, condivido pienamente e sottoscrivo la lettera inviata dal collega Marco Battestini al presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Teramo, Cosimo Napoletano, lettera che è stata firmata da circa cinquanta medici di famiglia del territorio. Dunque esprimo anche io, a nome di tutti e riportando sinteticamente qui il contenuto della lettera, preoccupazione ed indignazione per i numerosi e reiterati tentativi di screditare la nostra categoria professionale. Da otto mesi, dall’inizio della pandemia, combattiamo in prima linea e il nostro contributo professionale è stato ed è fondamentale per il funzionamento della macchina anti-Covid19. Con tutti i rischi annessi, ed a testa bassa, senza mai fermarci, combattiamo la nostra battaglia, con dovere professionale e deontologico. Ne è una prova tangibile il fatto che, tra tutte le categorie mediche, quella che ha pagato il più caro prezzo, è proprio la nostra che conta, tra le proprie fila, circa 70 morti su un totale di 189. Non è più tollerabile, dunque, assistere passivamente ad attacchi frontali – soprattutto sul web e sui social – che provengono da più parti e che nella seconda ondata ci hanno trasformati nel capro espiatorio su cui addossare tutte le colpe del mezzo fallimento del sistema addetto al controllo della pandemia”.

E ancora: “Noi medici di famiglia, unitamente a tutti i colleghi che operano sul territorio, meritiamo rispetto, perché rischiamo la vita esponendoci quotidianamente al contatto ravvicinato con un nemico biologico invisibile, e svolgiamo la nostra missione con totale spirito di abnegazione. Inoltre, va ribadito e sottolineato che abbiamo assecondato tutte le numerose richieste lavorative che ci sono state fatte ed anche imposte come la disponibilità giornaliera per 7 giorni a settimana, senza interruzioni, fatta a distanza tramite strumenti telematici; la sorveglianza dei pazienti in isolamento; la gestione dei pazienti fragili; l’esecuzione dei test sierologici alla riapertura delle scuole; nonché, ultima richiesta arrivata, l’esecuzione dei tamponi che a breve inizieremo. Ci accusano di non eseguire visite a domicilio ai pazienti Covid. Dei 40.000 casi giornalieri di pazienti Covid-positivi, la stragrande maggioranza, circa il 90%, rimane al proprio domicilio e sul territorio. Chi segue questa utenza, se non noi, medici di famiglia unitamente al servizio di continuità assistenziale ed alle poche USCA sul territorio?”.

 

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