Boom di biciclette sulla costa teramana: ma le città ancora non sono pronte. L’intervento

Il post emergenza Covid-19 ha fatto tornare alla ribalta l’interesse per l’uso della bicicletta in ambito urbano, complice anche il bonus per l’acquisto delle due ruote a pedali (non ancora erogato) ed una serie di misure che dovrebbero facilitare la realizzazione di percorsi ciclabili, anche in sede promiscua, da parte dei Comuni.

 

Sulla costa, soprattutto d’estate, non è una novità che il numero di biciclette superi ampiamente, in particolare sui lungomare, quello delle automobili (come evidenziato da uno studio in ambito di un progetto Civitas del 2010) ma l’aumento esponenziale della domanda di mobilità ciclistica non ha fatto mai riflettere le amministrazioni sul fatto che è necessario adeguare l’offerta.

 

E così, nell’estate 2020, mentre grandi città come Roma, Torino, Milano, tentano di risolvere, almeno in parte, i problemi di mobilità legati anche, ma non solo, alla necessità di distanziamento dovuta alla pandemia, creando reti ciclabili “di emergenza”, tramite la nuova tipologia delle “corsie ciclabili” (inserite dall’art. 229 del Decreto Rilancio e definite come “parte longitudinale della   carreggiata,   posta  a   destra, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e   ad uso promiscuo, idonea   a   permettere   la   circolazione   sulle   strade urbane dei velocipedi   nello   stesso   senso   di   marcia   degli   altri veicoli e contraddistinta   dal   simbolo   del   velocipede.

La   corsia ciclabile è parte della ordinaria corsia veicolare, con destinazione alla circolazione dei velocipedi”), nelle nostre città poca o nulla si sta facendo, preferendo ignorare il fenomeno, continuando a pensare che la sola componente trasportistica urbana sia quella motorizzata.

La questione è ulteriormente peggiorata dal fatto che, già prima dell’estate, la Regione ha ampiamente pubblicizzato il territorio abruzzese come accogliente per il turismo in bicicletta, invitando i visitatori a pedale sui 131 km del tratto abruzzese della Ciclovia Adriatica, tratto ampiamente incompleto e, dove esistente, impercorribile per i turisti ciclisti itineranti a causa della promiscuità degli usi e della inadeguatezza delle sezioni stradali, del fondo, della mancanza di segnaletica e di servizi adeguati. Ma anche il turista stanziale che voglia utilizzare la bicicletta per spostarsi in città trova non pochi problemi, come la mancanza di percorsi ciclabili protetti e, non ultimo, l’assenza di parcheggi per le biciclette.

Infatti mentre per le auto si invocano sempre più parcheggi, e guai a sottrarre spazi di sosta per automobili per adibirli ad usi più collettivi, il problema dalla sosta delle biciclette sembra non esistere, almeno per gli amministratori, tranne quando si adottano campagne di “tolleranza zero” per multare le tante bici che affollano marciapiedi, aiuole, ecc. Il problema però esiste e, se per le auto si cerca di risolvere creando più parcheggi (sbagliando, perchè invece si dovrebbero incentivare altre forme di mobilità), non si comprende perchè analoga cura non si ponga per fornire le città di parcheggi per biciclette.

Eppure in Abruzzo esiste una legge regionale, la n. 8 del 2013, che promuove la “costruzione e dotazione di parcheggi attrezzati, liberi o custoditi” prevedendo che “nel quadro delle indicazioni del Piano regionale della mobilita’ e dei trasporti e dei relativi piani di attuazione, una quota non inferiore al dieci per cento dei posti auto previsti, adeguatamente attrezzata, è riservata al parcheggio di biciclette”.

Invece, girando per le nostre città della costa, a parte qualche rara eccezione, di parcheggi adeguati per le biciclette non c’è traccia, e le stesse sono ammassate dove capita, occupando spesso spazi pedonali, con un altissimo rischio furto.

Ora che l’estate volge al termine l’Ordine degli Architetti PPC chiede alle Amministrazioni Comunali, alla Provincia e alla Regione, ognuno per le proprie competenze, di iniziare a pianificare piani e interventi per la mobilità ciclistica e pedonale, applicando le norme vigenti e predisponendo i piani regionali, provinciali e comunali (PUMS e BICIPLAN), che, integrando le previsioni della pianificazione urbanistica e territoriale “ordinaria”, tengano conto anche della componente modale ciclistica e pedonale. Il futuro va in questa direzione, i nostri territori non possono farsi trovare impreparati.

 

 

 

 

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