Omicidio Adele Mazza, le sorelle raccontano: Una vita che non voleva più

adele_mazzaTeramo. Una donna problematica, fragile, incatenata per tanto, troppo tempo ad una vita che non voleva più. E’ questo il profilo emerso quest’oggi in udienza di Adele Mazza, la 49enne uccisa e ritrovata a pezzi il giorno di Pasquetta di un anno fa.

A dare un ritratto dettagliato della vittima sono state le due sorelle della donna, Giuseppina e Marilena, ascoltate come testimoni dal pm Roberta D’Avolio e dal presidente della Corte d’Assise. Un resoconto della vita di Adele Mazza fatto sotto lo sguardo severo di Romano Bisceglia, il presunto “mostro”, al momento l’unico grande accusato dell’atroce delitto della donna.

Una vita travagliata, quella della 49enne, segnata dalla tossicodipendenza e dalle cattive frequentazioni. Una vita che lentamente aveva distrutto la sua sfera affettiva (il matrimonio e il divorzio solo dopo 4 anni, il rapporto logorato con il figlio 24enne David), facendola sprofondare lentamente nel tunnel della depressione e della prostituzione, in una Teramo “ai margini” fatta di sesso a pagamento e ricatti.

Proprio nelle fattezze di Romano Bisceglia, uomo con la quale Adele aveva avuto una relazione circa 20 anni fa, secondo quanto emerso si celerebbe lo sfruttatore di Adele, colui che la costringeva con  la violenza a prostituirsi nei dintorni di piazza Garibaldi per poi riceverne i ricavi. Una vita di soprusi e di eccessi che la vittima, poco prima di morire, confidandosi con la sorella più piccola Marilena, voleva chiudere per sempre. Per sé e per suo figlio, affidato alla nonna paterna sin dai primi anni di vita, per riuscire a riallacciarne definitivamente i rapporti. Per questo Adele le aveva confessato, appena tre mesi prima della sua morte, di aver smesso di fare uso di metadone ed essere in attesa di una risposta da una comunità di recupero presso la quale era stata indirizzata dal Sert di Teramo.

La sua famiglia, nel frattempo, le era rimasta vicina. Nonostante la vita disordinata di Adele, i rapporti con i familiari erano frequenti. Proprio a Pasquetta, giorno del ritrovamento del corpo sezionato e gettato in buste di plastica in una scarpata di via Franchi, la donna avrebbe voluto trascorrere alcune ore in compagnia delle sue sorelle e della madre. Così almeno disse alla sorella Pina nell’ultima telefonata fattale mercoledì 31 marzo, prima di sparire nel nulla.

Ora starà all’accusa, nelle figure degli avvocati Lettieri e Di Sabatino, attraverso le testimonianze che si succederanno dalla prossima udienza (fissata per il 19 settembre), capire se Adele Mazza, che appena sei mesi prima confessò di avere paura di Romano (ed un occhio nero e un labbro spaccato erano lì a testimoniarlo), sia stata uccisa forse perché decisa a staccarsi dal suo aguzzino e dalla sua compagna (quella Sofia Marini che, durante il suo trasferimento al carcere di Bari, avrebbe ammesso di aver ricevuto la confessione di colpevolezza da parte di Romano e che sarà chiamata a deporre). E se Bisceglia l’abbia costretta a prosciugare in breve tempo il suo piccolo patrimonio di 24mila euro custodito su un conto corrente postale – ricevuto nel 2005 in seguito ad un rimborso alla famiglia per la morte di un fratello, deceduto per un errore medico – oltre che costringerla a girargli la pensione di invalidità di 250 euro che la vittima percepiva mensilmente.

In mattinata, intanto, nuove importanti certezze sono arrivate dalle testimonianze del tenente Elena Salata e dal maresciallo Vittorio Della Guardia, entrambi appartenenti ai Ris di Roma, che effettuarono alcune delle analisi dei reperti prelevati in casa di Bisceglia. La macchia di sangue rinvenuta sul nastro adesivo verde posto sul manico del secchio usato per contenere un arto della vittima, infatti, è risultata perfettamente compatibile con il Dna dell’imputato, estratto dal mozzicone di una sigaretta fumata dall’uomo durante un interrogatorio. Così come il pavimento del bagno, sul quale sono state trovate le due tracce ematiche riconducibili alla vittima, sarebbe stato pulito con un prodotto chimico, verosimilmente varichina, per tentare di cancellarne ogni traccia. Infine, la corda ritrovata sul carrello usato per trasportare i resti della donna sarebbe compatibile con quello ritrovato nel disordine del salotto.

Ancora da chiarire, invece, la deposizione fatta da una coppia di vicini di casa dell’imputato, che oggi hanno testimoniato in modo confuso la presenza di Romano Bisceglia, la notte dell’omicidio, notato mentre si allontanava a piedi nei pressi di via Franchi, così come il giorno dopo all’altezza della rotonda della vicina via Arno, non appena fu scoperto il cadavere di Adele Mazza.  

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