L’aereo in legno “pensato” ad Alba Adriatica ora vola in Messico: la storia di Giovanni Angelucci

Alba Adriatica. Un aereo in legno che avrebbe voluto far volare sui cieli di Alba Adriatica. Un sogno per taluni, un’assurdità per altri.

 

 

Non per Giovanni Angelucci, geniale disegnatore e creatore di oggetti e con un passato a buoni livelli nel mondo del basket (ha vestito diverse maglie di squadre abruzzesi in serie B e C). Quel famoso aereo in legno, che aveva iniziato a realizzare nel giardino di casa, quando giocava e viveva ad Alba Adriatica, ora è diventato realtà, visto che due aziende del Messico, dove nel frattempo è tornato a vivere con la famiglia, hanno deciso di produrre e commercializzare.

Una storia di straordinaria attualità, che lega intuito, capacità di innovare e inventiva, che però troppo spesso, per essere valorizzate devono varcare i confini nazionali.

 

 

La storia di Giovanni Angelucci, per tutti “Gio” è tracciata da Valerio Di Mattia, noto ristoratore di Alba Adriatica.

 

“Passava il tempo libero da buon sognatore a nutrire i suoi hobby e le sue passioni”, racconta Valerio Di Mattia, ”

Oltre all’amore per i fumetti Giovanni era un bravo disegnatore-muralista e un abilissimo realizzatore di oggetti, strutture e eleganti arredi realizzati con qualsiasi materiale. Aveva il dono di “vedere” nella materia e di trasformare con le mani qualsiasi cosa. Decidemmo nel 2008 di affidargli la ristrutturazione del nostro ristorante.

Giovanni si occupò di quasi tutto: dal progetto generale fino alla realizzazione di ogni singolo particolare utilizzando esclusivamente materiali naturali, riciclati e recuperati in maniera sorprendente.

Fu un ottimo lavoro che cambiò radicalmente il volto del locale”.

In quei giorni, rammenda il ristoratore, Angelucci continuava a ripetere di voler costruire un aereo di legno nel giardino della propria abitazione. Tutti lo ascoltavano tra curiosità e scetticismo.

Un sogno, appunto. Giovanni, come accordi, fu liquidato, in parte, per il lavoro fatto con una sega circolare per il taglio professionale del legno. Il sogno stava decollando in tutti i sensi, visto che di lì a poco iniziò a realizzare le ali del famoso velivolo in legno.

 

“Sono trascorsi alcuni anni e oggi ritrovo Giovanni in Messico”, prosegue Di Mattia,  al museo Tamayo, nel giorno della presentazione ufficiale dei primi 5 aerei biposto completamente in legno, costruiti con metodo artigianale.

Giovanni infatti, non avendo trovato alcuno spazio tra lo scetticismo italiano, dopo aver imbarcato su un cargo alcuni pezzi dell’aereo già ultimati, si è trasferito oltreoceano insieme alla famiglia”.

 

Il progetto in Messico è stato considerato da subito interessante poiché è capace di ridurre l’impatto ambientale e l’inquinamento nel processo di costruzione, perché utilizza in gran parte materiali sostenibili e garantisce un abbattimento dei costi di produzione e di vendita.

Da subito in Messico il progetto ha intercettato la collaborazione di alcuni istituti universitari per lo studio e la ricerca, l’attenzione del Ministero della Difesa che ha più volte valutato il progresso dei lavori.

 

“Infine è arrivato l’investimento di Pirwi e Horizontec”, dice ancora,  due aziende che hanno consentito di vincere la scommessa, di produrre e mettere in vendita quello che viene considerato oggi un pezzo unico di artigianato, tecnologia e di moderno design.

 

Giovanni Angelucci ora vive in una villetta non lontano da Città del Messico con la moglie e i tre figli, a metà strada tra l’hangar dove costruisce gli aerei e l’università dove tiene lezioni illustrando agli studenti le tecniche di lavoro sul legno e il percorso seguito per realizzare l’aereo.

 

“Sono molto felice perché sapevamo che è un ragazzo speciale”, dice ancora. “Vederlo oggi sedere a fianco del suo sogno inorgoglisce tutti noi.

Allo stesso tempo in verità provo anche una sensazione di tristezza e di sconfitta nell’osservare nel nostro paese la sua casa chiusa, le luci spente e le finestre sbarrate.

Capisco che siamo divenuti una nazione senza futuro.

Troppo spesso i nostri talenti non riescono a produrre e a vivere sulla propria terra e sono costretti a emigrare, ad andarsene lontano finendo di migliorare con le proprie idee altre società, altre nazioni”.

 

 

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