L’azione dell’uomo causa di morte del delfino spiaggiato a Giulianova

Nove chili di reti nello stomaco. È quanto ha trovato l’esperta del Centro recupero tartarughe “Cagnolaro” di Pescara nell’intestino del delfino trovato morto domenica mattina sulla spiaggia nord di Giulianova. Ieri è stato eseguito l’esame necroscopico nella sede dell’Istitutoo Zooprofilattico sul Tursiope, un maschio della lunghezza d 2,88 metri, già maturo sessualmente.

Ancora una volta l’azione dell’uomo è la causa della morte di un altro delfino. Ma come è possibile che 9 chili di reti possano essere finite nello stomaco dello splendido mammifero marino? Due sono le ipotesi formulate dagli esperti che hanno preso in consegna la carcassa del Tursiope. La prima è che l’animale si sia nutrito di pesci rimasti impigliati nelle reti dei pescatori (non è da escludere che si tratti di reti perse a seguito di mareggiate o incidenti durante la fase di pesca). Cercando di strappare dalle maglie in cui erano finiti i pesci, il delfino avrebbe inghiottito anche pezzi di rete che, nel lungo periodo, hanno intasato lo stomaco sino a condurlo alla morte.L’altra ipotesi, ma meno probabile, è che possa essere rimasto impigliato in una rete da posta e per liberarsi abbia letteralmente strappato e ingoiato parti di essa.

Nella stessa giornata gli esperti hanno eseguito l’esame necroscopico anche sulle due tartarughe trovate morte sull’arenile di Roseto. Si tratta di 2 femmine, della specie Caretta Caretta, una di circa 25 anni, quindi matura sessualmente, l’altra di una decina di anni più giovane. Nello stomaco di quella più piccola sono state trovate lesioni nodulari. Anche in questo caso, come per il delfino, le lesioni sarebbero state causate dalle reti ingoiate nutrendosi di pesci rimasti impigliati. L’animale inoltre presentava un trauma cranico. La tartaruga più grande, secondo gli esperti, avrebbe sicuramente nidificato il prossimo anno. Aveva delle ovaie sviluppatissime. Il decesso potrebbe essere stato causato forse da un trauma cranico provocato da una imbarcazione in navigazione.

Il protocollo di azione per la gestione degli spiaggiamenti in Abruzzo prevede la consegna degli animali alla capitaneria, che ha il compito di avvertire gli esperti del Centro Studi Cetacei che gestisce il Centro recupero tartarughe marine “Luigi Cagnolaro” di Pescara (unico in Abruzzo e uno dei più grandi e attrezzati in Italia). Gli esperti soccorrono e ospedalizzano l’esemplare se è vivo. Invece se è morto vengono fatte le dovute biometrie. Il veterinario decide poi se smaltire la carcassa o, se è nelle condizioni, di sottoporla a necroscopia che avviene ad opera dell’Istituto Zooprofilattico di Teramo.

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